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di CARLA CARUSO*
Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo: donne che si sono opposte alla ‘ndrangheta pagando un prezzo altissimo, alle quali Il Quotidiano della Calabria propone di dedicare questo 8 marzo 2012. Tre storie di donne, le loro, che parlano della difficoltà di vivere imbrigliate entro contesti rispondenti in tutto agli archetipi maschili di dominio patriarcale e della reazione violenta di questi contesti verso chi tenta di esprimere un linguaggio “altro”. Tre storie di donne che, per la loro dimensione tragica, assurgono a simbolo di una condizione femminile di “estraneità” rispetto ai modelli culturali di una società in cui predomina l’archetipo maschile del “potere per il potere” volto alla propria autoconservazione, che si fonda su logiche di forza, di competitività, di rivalità e non lascia alcun reale spazio (a dispetto degli aspetti formali) alle diverse logiche di servizio e di attenzione alla persona proprie delle donne, sulle quali, in larga parte, da sempre gravano (anche) i compiti di cura per i figli e per gli anziani.
Tre storie di donne che ci dicono che perpetrare i modelli di potere esistenti, finora maschili, e la loro conservazione, premia e riconosce solo le donne che aderiscono a questa logica (nella malavita organizzata le cosiddette managers della mafia); che tali modelli non riconoscono chi è portatore/portatrice di diverse istanze e lo/la emarginano fino all’espulsione, che diventa violenta ed addirittura fisica nelle organizzazioni malavitose in cui essi trovano la loro massima esaltazione.
Tre storie di donne che ci dicono anche, però, quanto sia dirompente per questi contesti l’ingresso di valori di genere, tanto da suscitare la massima delle reazioni, l’espulsione, perché questi valori sono così potenti da minacciare le stessa fondamenta delle organizzazioni che ad essi danno gambe (nell’accezione patologica le organizzazioni mafiose e di tipo mafioso), fino a determinarne il possibile smantellamento.
E che ciò è tanto più vero in organizzazioni di tipo familistico, come la ‘ndrangheta, nelle quali le donne, proprio perché collocate all’interno di quel particolare ambito culturale, di cui conoscono tutti i registri, possono avere un ruolo veramente strategico di superamento.
Dedicare questo 8 marzo 2012 a Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo, coraggiose tanto da arrivare a denunciare i propri familiari, è occasione di riflessione sulla necessità che le donne non si sottraggano ad un impegno attivo per introdurre nella società i propri valori e che, però, al contempo, esse siano veramente sostenute in questo sforzo.
Di fronte a donne che per il cambiamento hanno dato e rischiano la vita siamo tutti e tutte chiamati/e a scelte di campo ineludibili tra impegno e disimpegno e tra i diversi modelli culturali e di società che vogliamo, assumendocene la responsabilità fino in fondo. L’Unione Regionale dei Segretari Comunali e Provinciali, nell’aderire convintamente all’iniziativa del Quotidiano della Calabria rivolge perciò il proprio pensiero a tutte le donne e a tutti gli uomini che si impegnano per l’affermazione di questi valori, ricordando particolarmente le colleghe ed i colleghi che lo fanno nelle zone più esposte del nostro territorio. A tutte e a tutti loro: grazie.
* segreteria regionale dell’Unione nazionale segretari comunali e provinciali della Calabria

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