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LA CURVA OVEST dello stadio Viviani tornerà a pulsare. La rabbia è rimasta sopita per troppo tempo. La delusione, lo sconforto, il grande odio sono culminati, prima, con la decisione di svuotare  il “tempio” del tifo e, dopo,  con l’assoluta indifferenza rispetto a quanto accadeva  a Potenza. 
Il pressappochismo di chi  si è avvicinato alle sorti dei colori rossoblù, alla fine determinandone il definitivo affossamento, meritava la reazione che c’è stata. Una sorta di scatto d’ira, fortunatamente civile e non violento, tipico del figlio tradito: tradito da un presidente che aveva illuso, dalla giustizia sportiva che si è accanita solo in Basilicata, da una città che dorme, da una amministrazione insensibile e indifferente, da affaristi di vecchio corso o da neofiti all’arrembaggio che non hanno portato alcun risultato, né sportivo né societario. 
Solo chi ha vissuto dall’interno l’epopea degli Ultras, solo chi ne conosce effettivamente il valore e il significato della parola con la u minuscola,  può comprendere quanta sofferenza c’è stata dietro una simile decisione. Rispediamo al mittente  le illazioni di chi fa dietrologia rispetto alla decisione di tornare al Viviani, specie di fronte a una curva che da sempre ha dimostrato di essere libera, autonoma e indipendente nel pensiero e nell’azione. Di chi tira in ballo elezioni e propaganda personale o politica, di chi deve per forza trovare un secondo fine e chiedersi “perchè?” di fronte al gesto di quanti hanno deciso semplicemente che da un punto si deve ripartire.
Benissimo: ci sono posti in cui si è ricominciato da un mega progetto societario e poi sono arrivati i tifosi; ce ne sono altri in cui sono stati i tifosi il  mezzo trainante per mega progetti societari (Pescara, Avellino, Lanciano, Latina dovrebbero aver insegnato qualcosa sotto questo aspetto). 
Ci sono poi posti come Potenza dove non è accaduta né l’una, né l’altra cosa. Adesso perchè non provarci? 
Perchè non dare credito al gesto di grande stima e rispetto posto in essere nei confronti di un medico non affarista, per giunta non di Potenza, che ha deciso di ricominciare. Evidentemente  – ma questo importa poco – con un programma che non può  definirsi faraonico, ma  con lo stesso carico di  passione che ha spinto a rimettersi in gioco anche coloro i quali di quella stessa passione ne hanno fatto il fondamento di infinite domeniche, di consacrate amicizie e di una vita intera. 
Avesse avuto un briciolo di pazienza in più, questa sorte sarebbe spettata a Giovanni Ferrara: iniziare a diventare un punto di riferimento per i tifosi del Potenza, pur senza progetti a sei zeri. Chissà possa essere uno sprone per il ritorno in quella che comunque è una sua creatura. 
Gli Ultras saranno sulla curva a dare coraggio e certamente chi sta dietro le scrivanie dirigenziali avrà un briciolo di fiducia in più. Pure per presentarsi davanti a qualche imprenditore a chiedere una mano, forte di una tifoseria che ricomincia a interessarsi.
Allora, se finalmente qualcosa si muove, lasciamola muovere. Poi verrà  il tempo dei programmi a lunga scadenza e di una società con venti investitori.
Se, nel recente passato, la città di Potenza si fosse rimessa in gioco con grande umiltà, invece di diventare la fortezza di soloni abili solo a cercare risposte a domande che nessuno  pone,  ad una soluzione si sarebbe potuti arrivare molto prima. C’è ancora tempo, ma questo  passo può considerarsi una prima svolta.
Proprio così. Perchè se gli Ultras tornano allo stadio è una svolta:  con la loro decisione possono convincere altri che è giunta l’ora di ripartire. Beninteso: senza  sminuire la passione e lo sforzo di quei gruppi che hanno seguito comunque il Potenza in queste tormentate stagioni. Anzi, sarà proprio grazie al  loro rinnovato contributo che la base per ricominciare sarà ancora più solida.
LA curva Ovest dello stadio Viviani tornerà a pulsare. La rabbia è rimasta sopita per troppo tempo. La delusione, lo sconforto, il grande odio sono culminati, prima, con la decisione di svuotare  il “tempio” del tifo e, dopo,  con l’assoluta indifferenza rispetto a quanto accadeva  a Potenza. Il pressappochismo di chi  si è avvicinato alle sorti dei colori rossoblù, alla fine determinandone il definitivo affossamento, meritava la reazione che c’è stata. Una sorta di scatto d’ira, fortunatamente civile e non violento, tipico del figlio tradito: tradito da un presidente che aveva illuso, dalla giustizia sportiva che si è accanita solo in Basilicata, da una città che dorme, da una amministrazione insensibile e indifferente, da affaristi di vecchio corso o da neofiti all’arrembaggio che non hanno portato alcun risultato, né sportivo né societario. Solo chi ha vissuto dall’interno l’epopea degli Ultras, solo chi ne conosce effettivamente il valore e il significato della parola con la u minuscola,  può comprendere quanta sofferenza c’è stata dietro una simile decisione. Rispediamo al mittente  le illazioni di chi fa dietrologia rispetto alla decisione di tornare al Viviani, specie di fronte a una curva che da sempre ha dimostrato di essere libera, autonoma e indipendente nel pensiero e nell’azione. Di chi tira in ballo elezioni e propaganda personale o politica, di chi deve per forza trovare un secondo fine e chiedersi “perchè?” di fronte al gesto di quanti hanno deciso semplicemente che da un punto si deve ripartire.Benissimo: ci sono posti in cui si è ricominciato da un mega progetto societario e poi sono arrivati i tifosi; ce ne sono altri in cui sono stati i tifosi il  mezzo trainante per mega progetti societari (Pescara, Avellino, Lanciano, Latina dovrebbero aver insegnato qualcosa sotto questo aspetto). Ci sono poi posti come Potenza dove non è accaduta né l’una, né l’altra cosa. Adesso perchè non provarci? Perchè non dare credito al gesto di grande stima e rispetto posto in essere nei confronti di un medico non affarista, per giunta non di Potenza, che ha deciso di ricominciare. Evidentemente  – ma questo importa poco – con un programma che non può  definirsi faraonico, ma  con lo stesso carico di  passione che ha spinto a rimettersi in gioco anche coloro i quali di quella stessa passione ne hanno fatto il fondamento di infinite domeniche, di consacrate amicizie e di una vita intera. Avesse avuto un briciolo di pazienza in più, questa sorte sarebbe spettata a Giovanni Ferrara: iniziare a diventare un punto di riferimento per i tifosi del Potenza, pur senza progetti a sei zeri. Chissà possa essere uno sprone per il ritorno in quella che comunque è una sua creatura. Gli Ultras saranno sulla curva a dare coraggio e certamente chi sta dietro le scrivanie dirigenziali avrà un briciolo di fiducia in più. Pure per presentarsi davanti a qualche imprenditore a chiedere una mano, forte di una tifoseria che ricomincia a interessarsi.Allora, se finalmente qualcosa si muove, lasciamola muovere. Poi verrà  il tempo dei programmi a lunga scadenza e di una società con venti investitori.Se, nel recente passato, la città di Potenza si fosse rimessa in gioco con grande umiltà, invece di diventare la fortezza di soloni abili solo a cercare risposte a domande che nessuno  pone,  ad una soluzione si sarebbe potuti arrivare molto prima. C’è ancora tempo, ma questo  passo può considerarsi una prima svolta.Proprio così. Perchè se gli Ultras tornano allo stadio è una svolta:  con la loro decisione possono convincere altri che è giunta l’ora di ripartire. Beninteso: senza  sminuire la passione e lo sforzo di quei gruppi che hanno seguito comunque il Potenza in queste tormentate stagioni. Anzi, sarà proprio grazie al  loro rinnovato contributo che la base per ricominciare sarà ancora più solida.

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