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«Non mi piace lasciare le cose a metà». Con questa frase il tecnico Gaetano Auteri apre, senza dubbio alcuno, al suo futuro sulla panchina del Matera.
Un futuro vincente. «Dove sono stato due anni ho sempre vinto». Ma non scontato, viste le grandi difficoltà riscontrate nel lavoro quotidiano per «l’atavica carenza strutturale della città, dal punto di vista sportivo». E’ un Auteri a tutto campo quello intervistato dal Quotidiano, comodamente seduti in un bar della città, davanti ad un conviviale caffè.

Mister,  iniziamo dal tuo rapporto con la città. Quali sono le differenze con Siracura, la tua città e la tua terra?

«La città è bellissima, lo dice uno che abita in una città altrettanto bella. Hanno entrambe un grande patrimonio. Due realtà diverse. Iniziando dalle condizioni climatiche diverse, ma anche con tante cose in comune: patrimonio storico, culturale e paesaggistico notevole. Due culture diverse. Il materano è gente educata, discreta e riservata ai limiti dell’essere introverso. Un aspetto che aiuta nel lavoro calcistico, ti crea le condizioni ottimali, perchè c’è educazione allo sport, non si eccede mai. Anche per la società, ci sono piazze dove bisogna mettere 100 mila euro di multe a budget, per le intemperanze dei tifosi, qui no. Qui c’è molta passione, ma anche grande educazione. Oltre al fatto che c’è voglia di pagare il biglietto, di non ricorrere alle amicizie per l’accredito. Una forma culturale sportiva importante, c’è voglia di partecipare e di contribuire. Una caratteristica diversa da tanti altri posti del sud». 

Dunque, cosa ha visto Gaetano Auteri in questa città? Come l’ha vissuta?

«Io amo fare una vita casa e lavoro, non sono uscito tantissimo. Ora con la bella stagione è stato più facile. Vivendo da solo si è costretti a non condividere malumori e pensieri con qualcuno. Vivo il lavoro a 360 gradi». 

Dal punto vi sita culturale e turistico è stata la prima volta che l’hai scoperta?

«Non conoscevo moltissimo Matera. Ero venuto di passaggio qualche anno fa, ne avevo sentito tanto parlare, ma era completamente diversa. Se vai nei Sassi, tutto ha una logicità. Io amo osservare e ho avuto un impressione molto positiva, perchè c’è cura, attenzione e rispetto di un bellissimo luogo». 

Questa è la vita vissuta in città. Quella da sportivo, invece? 

«Allo stadio c’è gente che ha capacità di capire, c’è competenza, si vede che è una piazza con una certa tradizione. E dove la tifoseria spazia da persone grandi che hanno vissuto momenti importanti, ma anche una base giovanile, che seguono un comune denominatore, la maglia. Abbiamo portato tanta gente allo stadio ed abbiamo portato, dopo anni bui, una gran bella base, un gran bell’ambiente. Una piazza che può crescere tanto».

E cresceremo tutti insieme, mister?

«A me non piace lasciare le cose a metà. La mia idea il presidente la conosce da diversi mesi. Questo è un gruppo che può crescere esponenzialmente. Le mie valutazioni le ho fatte già con il presidente. Poi dobbiamo risolvere alcune problematiche: il problema atavico delle strutture. Matera 2019 non può far vedere immagini poco positive anche dal punto di vista del manto erboso. Il sottoscritto ha tutelato il manto dello stadio, non ci possiamo permettere di giocare sulla terra battuta e se si usa troppo il campo, questo è il rischio. Lo Scirea è l’unica struttura dove potersi allenare, ma non è adatta al calcio professionistico. Ti usuri, i giocatori lo soffrono. O non ti alleni o ti usuri. Diversi infortuni che ci sono costati punti. E’ una crescita che deve essere di tutti e non dipende dal presidente, ma dalla politica». 

Ci sono delle strutture, intorno alla città, che potrebbero risolvere in parte questo problema. Come Montescaglioso o Miglionico. Potrebbero fare al caso del Matera? 

«L’anno scorso ho visto lo Scirea e Santeramo. Potrebbe essere un’idea per allargare il discorso. Può essere un’idea, si può fare un’operazione simpatia, ma bisogna superare il problema in città, può essere una cosa da fare una tantum, ma non essere una regola. La politica deve fare il suo per dotare la città delle strutture dal punto di vista calcistico».

In campagna elettorale hanno “usato” il Matera per pubblicizzare le candidature dicendo del bisogno di uno stadio nuovo. Il presidente ha chiesto risposte sulle risorse e il luogo dove costruire, non solo promesse. La politica deve dare una risposta in questo? 

«La politica non deve parlare, non deve dare risposte. Deve agire immediatamente. Perchè una squadra di calcio appartiene alla comunità dove risiede, e rappresenta da sempre un valore, un ideale, una passione. Nel caso di Matera crea aggregazione e ci sono le condizioni educative e di civiltà ideali. E’ un impegno sociale, non si può prescindere. E’ fondamentale. Poi Matera essendo una città di dimensione europea non può dare, sotto nessun punto di vista, idea di terzo mondo. E’ importantissimo, bisogna essere operativi subito. Ora ci sono 15 giorni per determinare il nuovo sindaco. Ma chi avrà l’investitura dal consenso dei cittadini non può sgarrare. Lo dico da tecnico, da esterno, da non cittadino di Matera. E’ una condizione fondamentale». 

Quindi è un passaggio decisivo per il lavoro di Auteri a Matera?

«E’ un passaggio determinante. Il presidente ha fatto tantissimo. Ha creato un consenso in tre, quattro anni, ha moltiplicato e risvegliato una passione. Ha grande merito, ma ora ha bisogno di risposte per poter programmare. Vai in deroga per i tornelli, l’anno prossimo ci sarà anche questo problema. Se hai una grande valenza sportiva sul campo e possibilità di una crescita ulteriore importante, però poi fai un mese fuori perchè hai difficoltà nelle struttura. Non possiamo fare che da una parte costruiamo e dall’altra distruggiamo. Ho fatto una scelta al buio, oggi, con il presidente, ma poi chi arriverà dalle parole deve passare ai fatti. Non esiste continuare così».

Negli anni scorsi, quando il calcio rischiava di sparire dalla città, ci fu un corteo di protesta dei tifosi. C’erano solamente 40 tifosi. Pensi che oggi potrebbe essere diverso. Lotterebbero per la squadra quegli ottomila dell’ultima gara?

«Adesso quell’entusiasmo e quella passione sopita, da lunghi anni di sofferenze finanziarie, sul campo, amministrative e di livelli non adeguati alle potenzialità della città, ha risvegliato tanta passione. Si è creato un grande interesse. La società e la squadra hanno lavorato bene. Qui c’è ambizione. Sono convinto che sarebbe una manifestazione di massa, ma non dovrebbe essere necessaria una cosa del genere, non bisogna arrivare a questo, serve una logica coerenza dalle parole ai fatti perchè è una condizione indispensabile di crescita».

Il 14 giugno viene eletto il sindaco. A parte gli obblighi tecnici. Si decide per il campo. Auteri e Columella iniziano a lavorare. Quali sono i primi passi che ci dobbiamo aspettare? Le prime scelte? Che anno ci aspetta?

«Auteri e Columella iniziano a lavorare, assieme alla partecipazione e al contributo di tutti, nessuno escluso. Si parte da una valenza totalmente diversa rispetto all’anno scorso. Si parte da un progetto, a patto di non perdere le risorse positive e importanti di quest’anno, i punti di forza. Si parte da un gruppo che si conosce profondamente e che ha fatto dei punti sul campo e non per virtù dello spirito santo. Ha una valenza consistente questo gruppo. Valenza umana, professionale, tecnica, sotto ogni punto di vista. Un gruppo che si conosce profondamente. Partiremmo da un livello più alto. Tanti giocatori materialmente possono crescere. Questo gruppo si può migliorare e partire effettivamente, sempre attraverso il lavoro e l’umiltà, da basi forti. L’anno zero è finito. Ora servono le condizioni per poter continuare a lavorare e, dunque, iniziare a raccogliere. Se riusciamo a fare queste cose e tutto coincide, anche quanto detto prima sulle strutture, ci troviamo ai nastri di partenza con la voglia, intenzioni e consapevolezza di poter avere un ruolo importante. Questo è il mio pensiero, che il presidente conosce da tempo. Ragionamenti sul gruppo che ho fatto già da diversi mesi. Abbiamo creato delle condizioni ottimali, ma serve che tutto sia al posto giusto, se manca una cosa, svaniscono tutti i punti di forza».

Facendo un passo indietro. Abbiamo vissuto una stagione intensa. Qual è il ricordo di Gaetano Auteri?

«Siamo partiti, per i tempi calcistici, in ritardo. Ma tempi che hanno portato dei benefici alla società. Oggi non abbiamo contratti sul groppone, la società è libera di scegliere. Ci hanno tolto un po’ di lavoro, per ottenere identità, anche se le squadre di Auteri riescono subito a prendere una propria identità. Ci hanno tolto dei punti all’inizio. Abbiamo sbagliato anche qualche valutazioni inizialmente, alcune scelte. Assieme al fatto che, essendo anche una matricola, la squadra in alcuni momenti, nel fare il salto di qualità si è appiattita, essendo forse inconsciamente contenta di quello che aveva fatto e siamo incappati in alcune situazioni non ottimali. Complessivamente non abbiamo avuto inizialmente molta continuità, per motivi di impianti eccetera. Ma la squadra ha sempre avuto identità e giocato di squadra. Ha sempre avuto l’idea di affrontare e giocarsela sul campo contro ogni avversaria. Ben 31 punti al girone d’andata. Poi quando hai un progetto da seguire, un piano tecnico e tattico e lo fai con chiarezza, insieme alle qualità del gruppo, puoi crescere. Poi il nostro calcio è organizzato, quindi serve sempre del tempo per integrare i nuovi arrivi. A parte la condizione fisica nella quale arrivano, molto scadente. Alla fine eravamo i più forti di tutti. Se non fossimo incappati in decisioni ed episodi, che ci hanno tolto risorse, avremmo vinto noi». 

Un esempio?

«Tipo l’ammonizione di Letizia all’andata con il Como. Ammonizione per aver protetto la palla con il corpo. Sembra un’ammonizione mirata. Forse perchè noi da questo punto di vista non eravamo protetti. Da addetto ai lavori mi sono sempre rifiutato di pensare ai poteri forti. Non si possono fare grandi cose, ma qualcosa si. Ci hanno tolto anche Mazzarani. Andata e ritorno con il Como, eravamo i più forti. Alla lunga non credo che eravamo ben voluti, ma vorrei non pensare a delle scelte che arrivano da fuori».

Un problema di regolamento? Lo scorso anno sarebbe passato il Matera.

«Sono uscito contro il Latina per un problema di posizioni, per una papera del portiere a dieci minuti dalla fine, con la Nocerina e uno stadio avversario ammutolito. Contro una squadra quasi smantellata. In quel caso non c’erano nemmeno i supplementari, gli avremmo distrutti. L’episodio ci ha penalizzati. Qui la storia cambia. I playoff sono un terno al lotto, non sono un campionato. Adesso come adesso in un campionato vince il Matera. Contro Como, Pavia, Bassano. Puoi anche perdere una partita, ma alla lunga ne esci vincente». 

Forse ci è mancato qualche giocatore, con qualche pedina in più avremmo avuto maggiori possibilità, anche alternative? 

«Si eravamo un po’ pochi e poi alcuni, avendo avuto problematiche fisiche, non sono stati in grado di dare un certo apporto e continuità. Madonia è uno di quelli. Da novembre ha vissuto con un problema al ginocchio che non gli permetteva di allenarsi con continuità. Avremmo potuto dargli tregua, con un’alternativa. Ma anche Albadoro, sempre fermo dall’inizio. Pensandoci, se avessimo iniziato con i tempi giusti avremmo vinto già alla terza giornata con il Lecce, per esempio. Perchè dopo un ottimo primo tempo, abbiamo solo calato l’intensità, noi sempre ordinati e ben disposti. Gli ultimi 20’ quando devi fare dei cambi, se invece di Albadoro, che era arrivato quella settimana, avevo un giocatore che conosco profondamente perchè si allena con me da due mesi, con le stesse qualità, perchè si parla di giocatori forti, noi vinciamo quella gara».

Un gruppo comunque dimostratosi unito. Abbiamo parlato del fattore umano. Si vedeva attraverso i social network che i ragazzi erano sempre vicini, con Iannini e Coletti, personalità forti a guidare questa squadra. Confermi questa impressione?

«I miei gruppi sono stati sempre uniti, con concetti di lealtà, solidarietà e motivazioni sono importanti. Rispetto per la professione, per la maglia, per la gente e la città». 

E di questi ragazzi, quanti potremmo rivedere con Auteri nel prossimo Matera? E su cosa interverrebbe?

«Il 70 per cento del gruppo, dodici, tredici giocatori che rappresenteranno la base. Poi punteremo alle cose funzionali. Il presidente dovrà decidere sugli under. Se decidi di impiegarli devi puntare su giocatori di qualità, ma non hai certezze. I giovani cominciano in un modo e finiscono in un altro. Iniziano dimensionandosi e confrontandosi con il contesto, poi crescono. Se dovesse decidere così, come valore complessivo avremmo un periodo iniziale in cui puoi pagare dazio. Mi è successo il terzo anno a Nocera, con due ’93 difensori centrali. Ragazzi forti e intelligenti, con estrema professionalità. Ma all’inizio qualche tentennamento c’è, nonostante 89 minuti di personalità. Potrebbe essere, ma tutto dipende dalle scelte che si fanno inizialmente».

E come ha vissuto questa nuova Lega Pro Gaetano Auteri?

«Livello alto e importante. Girone, il nostro, tosto e con qualità altissima. Forse l’anno prossimo non sarà così. C’è un periodo di riflessione a Benevento, Lecce, come piazze importanti, ma anche Foggia e Caserta stanno facendo delle valutazioni». 

Caserta, per esempio, è una piazza che ti ha reclamato? 

«Fortunatamente c’è tanta gente che mi ha apprezzato, in giro ho tanti estimatori, parlando con un pizzico di presunzione. Senza pensare alle ruffianerie e agli interlocutori. Ma, dove sono stato due anni, il secondo ho vinto. E ora sono a Matera per il secondo anno». 

Un Auteri che di solito sembra un pò burbero. Un allenatore che fa da schermo alla sua squadra. E’ così?

«Cerco di parlare sempre poco di calcio, ma non perchè burbero. Sono tosto nel mio lavoro, perchè divento pesante anche per i miei giocatori, perchè pretendo. Lo dico sempre quando comincio: mi dovrete sopportare. Sono pesante, pretendo e non accetto comportamenti superficiali. So che la seduta di lavoro ti porta a fare prestazioni individuali e di squadra importanti. Poi sono una persona che, fuori dal pensiero del calcio (che purtroppo ho sempre e mi prende 24 ore al giorno), quando stacco e sono con gli amici divento un’altra persona». 

E ora dove sarà la tua vacanza?

«Le mie vacanze sono a casa e qualche fine settimane. Poi calcio, perchè si continua. Lavori, ritiro, programmi e giocatori. Poi vado a Genova a vedere le final eight Primavera. Non faccio vacanze da una vita, ma non mi pesa, perchè amo il mio lavoro, anche con il settore giovanile ripartirei subito».

Il lavoro di Sportube di dare tutto in diretta, è un bene o un male. C’è possibilità di leggere le partite, ma anche che le altre ti studino. E’ un problema?

«Leggere le avversarie, avviene comunque. Sportube o no ci sono i video. Ma il calcio non è questo. Non è studiare le avversarsie. Nei nostri limiti, ogni tanto abbiamo cambiato, ma il comune denominatore deve essere una mentalità, non è il 3-4-3 in se. Faccio questo come idea di base perchè gli altri non si sanno contrapporre e così già ti assegnano un’idea, al di là della qualità delle squadre. E dunque, ti concedono supremazia e io me la prendo. Statisticamente hai più possibilità di prendere un calcio d’angolo, di creare una situazione pericolosa stando tanto tempo nella metà campo avversaria, senza trascurare la fase difensiva. Non esiste vedere giocatori che, sapendo cosa devono fare, effettuano un movimento sbagliato». 

E il tuo rapporto con il presidente?   Come l’hai vissuto? 

«Abbiamo chiuso l’accordo in due minuti l’anno scorso. Una persona che all’esterno passa per uno che può fare di tutto; ma è una persona molto riflessiva e intelligente. Un vulcano, ma osservatore attento. Ho grande stima nei suoi confronti. Non è facile avere un presidente così. La sua grande passione lo fa essere estremo, ma è in grado di fare riflessioni molto intelligenti. E’ un tifoso». 

E la camminata pre partita, dopo la sua squalifica, ti è mancata?

«Una cosa che andava bene, provava a distendersi. Ma lui poi, ripensando a quel giorno (quello della squalifica con la Casertana, ndr), ha fatto una cosa importante. Probabilmente, da tifoso qual è, sconfinando dal proprio ruolo. In quella decisione così pazzesca, ci ha consentito, in quei cinque sei minuti di recuperare, di trovare la lucidità necessaria per allontanare la nevrosi che si era generata, che poteva compromettere il risultato, per farci mandare in porto un risultato importante. Probabilmente l’avrei fatto anche io. Una protesta estrema, davanti ad una decisione così assurda. L’avrei fatto io, avrei preso un mese di squalifica e avrei trascinato con me qualche giocatore. Invece ce l’ha evitato». 

Quindi  è già   futuro. A quando il prossimo incontro?

«Ci vediamo tutti i giorni. Fra me e lui non ci sono problemi. Io voglio solo  le garanzie strutturali. Non possiamo lavorare allo Scirea. Poi sarà tutto più facile. Ripeto, non mi piace lasciare le cose a metà».

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