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Ha iniziato qualche settimana lo scrittore americano Jonathan Franzen a dire che Twitter fa schifo e che Facebook è anche peggio. Gli ha fatto eco dopo qualche giorno Michele Serra che non usa Twitter, ma che se lo usasse direbbe: “Twitter mi fa schifo”. Opinioni rispettabilissime anche se rozze seppure in bocca a rappresentanti di elite culturali. Pareri di pensatori sofisticati che in questo caso nascondono una incapacità o una non volontà di ragionare sul serio del ruolo dei social media e sul loro impatto nella vita di noi tutti oggi e soprattutto domani


Tutto quello che avviene su Internet è troppo serio per essere scaricato con un “Dagli all’untore”, perché se non riusciamo a capire gli strumenti che usiamo non sapremo sfruttarli nel modo corretto e creiamo danni. Rischiamo di volere cucire con un martello o battere i chiodi con una piuma. In tanti lo fanno su Facebook, sul Web o sui blog. Sono “esseri digitali” inconsapevoli, mentre è necessario essere sempre più coscienti dell’uso di Internet, dei suoi strumenti e degli spazi che offre. Che non lo facciano gli adolescenti euforici o i gli analfabeti di ritorno non è bene ma si può capire. Che non lo sappiano fare fini intellettuali come Franzen e Serra è inquietante.


Pensare che Twitter sia solo un cinguettare senza costrutto con frasi di 140 caratteri significa non aver compreso che quel breve messaggio può essere pieno di significato. Esso può essere soltanto l’intestazione di contenuti multimediali più complessi e multiformi ad impatto potenzialmente planetario. Ci dobbiamo augurare che presto l’intelligenza di Michele Serra gli faccia capire che la sua “Amaca” è soltanto un tweet cartaceo. Lui twitta e non lo sa, quando capirà come farlo sui social network avrà fatto un passo avanti nella comprensione del mondo. Così potrà anche aiutare a capire i tanti che oggi usano Twitter e Facebook spinti da una mania compulsiva di scrivere per esserci e che pian piano devono capire che bisogna essere per scriverci.

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