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Il futuro è l’enigma che tutti vorremmo svelare. Qualcuno lo cerca nei fondi del caffè, altri lo “preparano” tramite la scienza e le sue scoperte. Sono certamente punti di vista molto differenti che tuttavia mostrano l’inquietudine umana di fronte all’incerto che ci attende ogni giorno. Tante persone sono disposte a spendere denaro per conoscere da maghi e simili il loro futuro e spesso l’unica certezza che ottengono è un portafoglio più leggero.

L’antropologo francese Marc Augé riflette sull’idea di futuro nelle 130 pagine del suo ultimo libro “Futuro” (Bollati Boringhieri): «La crisi provocata dalla finanza ci ha rubato il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo». Il suggerimento è di non pensare solo al presente ma costruire il futuro dei singoli contro quello globalizzato. Tra le altre cose, Augé propone di prendere la scienza come modello per capire (e costruire) il futuro, per dirigerci verso il non conosciuto anche senza certezze o idee di totalità, ma usando il sapere di cui disponiamo. La nostra vita è troppo concentrata sul presente: «Noi viviamo in una sorta d’ipertrofia del presente. Che è amplificata dai media, vecchi e nuovi. In un certo senso il nostro tempo non è più lineare ma circolare.»

In una recente intervista sul tema del libro, Augé suggerisce una particolare relazione tra il presente e il futuro: «Noi siamo abituati a pensare che per creare un mondo nuovo si debba prima immaginarlo. Invece le grandi invenzioni che stanno rivoluzionando le nostre vite, dalla pillola a internet, non sono nate da un’immaginazione politica o da chissà quale utopia. Non da una grande narrazione, insomma, ma semplicemente dalle ricadute concrete delle scoperte scientifiche. Forse stiamo imparando a cambiare il mondo prima di immaginarlo. Stiamo diventando degli esistenzialisti pragmatici. E da questo potrebbe nascere la nuova sfida per il futuro. … È solo il sapere che può schiuderci le porte di un domani migliore.»

In questa argomentazione di Augé la costruzione del futuro non è legata alla pianificazione visionaria dell’avvenire, ma alla creazione del futuro tramite le innovazioni dell’uomo. Questa novità riassume i limiti e insieme la potenza del sapere non assoluto e vero, ma pragmatico e concreto. Non pianificatore, ma risolutore. E’ questa una prospettiva interpretativa molto interessante della “antropologia del futuro”.

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