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Franco Dupré, fisico di valore impegnato nell’associazione internazionale di scienziati per la pace Pugwash e morto alcuni anni fa, ha osservato che i porcospini nei millenni hanno sviluppato un sistema di difesa dai predatori semplicissimo ma molto efficace fatto di centinaia di aculei e di una tecnica di chiusura “a riccio”, appunto. Tuttavia, nei tempi recenti questo sistema non è più capace di difendere i porcospini dal loro nemico moderno: le automobili. Nonostante, i ricci dormano circa 18 ore al giorno (con l’invidia di tutti noi), nelle restanti 6 ore rischiano la vita ogni volta che attraversano la strada nelle ore notturne.

Ogni anno perdono la vita in questo modo tra i due ed i tre milioni di ricci mentre si avventurano sulle strade del mondo. Quella strategia di difesa sviluppata nei millenni rischia di portare all’estinzione questo simpatico e utile animale. E’ quindi necessario chiedersi se ce la faranno i ricci ad evolversi ed a trovare nuovi sistemi di difesa, evitando di estinguersi e di finire troppo spesso sotto le ruote delle auto.

Queste sembrano scontate, seppur sacrosante, preoccupazioni da animalisti, ma il riccio oltre a preoccuparci come animale a rischio, costituisce anche un caso esemplificativo per tutti quelli che sono a rischio di estinzione e non lo sanno. La domanda infatti è: Quanti di noi oggi sono nella condizione dei poveri porcospini? Quanti usano metodi di difesa ormai obsoleti e inefficaci e non riescono ad adattarsi ai cambiamenti di questa società impegnata in una corsa che sembra non voler finire? L’allegoria del riccio suggerita da Dupré è illuminante su tutti quegli scenari in cui si usano modi vecchi per risolvere problemi nuovi e così facendo si va verso sicure sconfitte. Siamo praticamente tutti condannati all’adattamento veloce o al rischio di estinzione e talvolta neanche ce ne accorgiamo.

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