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Questo tempo che viene non darà dolore, 
questo tempo passerà, senza farci del male. 
Questo tempo passerà o lo faremo passare. 
Da quando sono una semi (in)occupata più o meno 40enne, il tempo passa e gli anni appassiscono come le rose, ho un sacco di cose fare che manco Bersani alle consultazioni. Studiare, innanzitutto, attività in cui non ho mai eccelso neanche da giovane, figuriamoci ora e poi, stare dietro a me stessa. Attività impegnativa da quando sono rabbiosa. Una passione, con tante stazioni quanti sono i miei cambi d’umore, una varietà inimmaginabile. Non ho un Golgota da scalare, qualche croce da portare, quello sì. Un Barabba da santificare, una Maddalena da perdonare e una volontà da resuscitare, spostando quella pietra e in tre giorni, che poi puzza, come il pesce, come gli ospiti. Come la capacità di sopportarmi mentre mi lamento. Della qualunque. Altro che Grillo e grillini e stelle e stalle. Sono successe cose, si sono consumate tragedie, ho letto frasi, editoriali, status  imbarazzanti. Mi sono tappata gli occhi, chiuso le orecchie e pianto per un dolore non mio. Ma come se lo fosse.
 Le pagine scorrono come lancette sull’orologio e che noi lo si voglia o meno, andare avanti è un obbligo. Mi sento inadeguata, al momento, alla situazione come un agnello a Pasqua o un tacchino sul tetto (vittime sacrificali loro malgrado). Un giro di toccheta e sono stati i miei peccati. Alle Congreghe con tutta la famiglia e mio  nonno in testa. Alla Processione del Venerdì santo che sta per passarmi sotto casa. Alle amiche che non chiamo ma tengo strette al cuore. 
C’è Passione nel mio Getsemani. Non c’è Fenice che  rinasca se prima non brucia. E io, scotto

Questo tempo che viene non darà dolore,
questo tempo passerà, senza farci del male.
Questo tempo passerà o lo faremo passare 
 (Bellamore, Francesco De Gregori)

Da quando sono una ex Cornacchia e una semi (in)occupata più o meno 40enne, il tempo passa e gli anni appassiscono come le rose, ho un sacco di cose fare che manco Bersani alle consultazioni. Studiare, innanzitutto, attività in cui non ho mai eccelso neanche da giovane, figuriamoci ora e poi, stare dietro a me stessa.
 Attività impegnativa da quando sono rabbiosa.
Una passione, con tante stazioni quanti sono i miei cambi d’umore, una varietà inimmaginabile.
Non ho un Golgota da scalare, qualche croce da portare, quello sì.
Un Barabba da santificare, una Maddalena da perdonare e una volontà da resuscitare, spostando quella pietra e in tre giorni, che poi puzza, come il pesce, come gli ospiti. Come la capacità di sopportarmi mentre mi lamento. Della qualunque. Altro che Grillo e grillini e stelle e stalle.
 Sono successe cose, si sono consumate tragedie, ho letto frasi, editoriali, status  imbarazzanti. Mi sono tappata gli occhi, chiuso le orecchie e pianto per un dolore non mio. Ma come se lo fosse. 
Le pagine scorrono come lancette sull’orologio e che noi lo si voglia o meno, andare avanti è un obbligo.
Mi sento inadeguata, al momento, alla situazione come un agnello a Pasqua o un tacchino sul tetto (vittime sacrificali loro malgrado).
Un giro di toccheta e sono stati i miei peccati.
Alle Congreghe con tutta la famiglia e mio  nonno in testa. Alla Processione del Venerdì santo che sta per passarmi sotto casa.
Alle amiche che non chiamo ma tengo strette al cuore. 
C’è Passione nel mio Getsemani. Non c’è Fenice che  rinasca se prima non brucia. E io, scotto

 E amami, amami, stringimi, sgonfiami 
e allora amami, sdentami, stracciami, applicami 
e stringimi, dammi l’ebrezza dei tendini 
prendimi, con le tue labbra fracassami.
(Enzo Jannacci, che oggi, 29 marzo 2013, ci ha lasciato) 

ps nella foto una rivisitazione dell’Ultima cena, gentilmente presa dalla bacheca di Carla Monteforte

 

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