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Sul declino politico e umano di Pier Luigi Bersani si sono riversati, in questi ultimi tempi, una serie di valutazioni, osservazioni, commenti, giudizi, sentimenti e risentimenti. Anche io, nel mio piccolo, mi sono espresso riconoscendo l’errore di averlo sopravvalutato, pensando che egli fosse migliore dei bersaniani. Ora scopro una definizione che ritengo sia la più calzante. L’ha pronunciata Arturo Parisi rispondendo alle domande di Monica Guerzoni sul Corriere della sera. La giornalista chiede a metà della conversazione: “Dove ha sbagliato Bersani?”. E Parisi: «Innanzitutto nell’aver accettato un mestiere non suo. Nella politica, quella che costruisce e fa grandi i partiti, il pensiero generale e astratto la fa da padrone. Una noia infinita per chi, come Bersani, preferisce invece la concretezza delle politiche. Poi di aver scommesso sul Porcellum, cioè che il Pd vincesse comunque solo perché il partito meno piccolo. Infine, nel non aver riconosciuto di aver perso la scommessa». Incalza la Guerzoni: “Lo ha fatto, sia pure tardi”. E Parisi: «Doveva farlo subito. Nei primi cinque minuti. E’ questo che ha trasformato in una non vittoria quella che sarebbe stata comunque solo una vittoria formale, la non vittoria elettorale in una sconfitta politica, e la sconfitta in una disfatta». Su un altro giornale, La Stampa, lo stesso giorno, Jacopo Iacoboni intervista Beppe Grillo. E, anche lì, a metà conversazione il giornalista chiede: “Il fatto che Berlusconi sia risorto non vi spaventa? La critica più frequente che vi fanno è potevate fare qualcosa col Pdl?”. E Grillo: «Sono loro che non hanno voluto. Bersani voleva solo dieci senatori per fare un governicchio, e naturalmente senza ascoltare nulla delle nostre richieste, senza fare quello che abbiamo fatto noi, cancellarci da un giorno all’altro 42 milioni di rimborsi, senza darci una commissione di controllo, niente». Le due interviste si tengono. Sono, per quello che riguarda l’ inadeguatezza politica di Bersani, due facce della stessa medaglia. E’ attribuita allo scrittore francese Jean Giono la seguente espressione: “Se uno è ridicolo nel suo mestiere, in che cosa sarà elegante?”.

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