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La SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ha come obiettivo lo studio dell’economia del Mezzogiorno, e dunque da alcuni anni a questa parte è obbligata a svolgere il ruolo dell’uccello del malaugurio tanto sono tristi i dati economici e sociali del Sud d’Italia. Il rapporto SVIMEZ 2013 è un elenco tragico di indici negativi, un racconto di genere horror dei mali delle regioni meridionali che dovrebbe chiamare a raccolta tutti gli uomini e le donne di buona volontà per far qualcosa per questa parte d’Italia ormai alla deriva. Eppure, a parte qualche voce isolata, anche i terribili dati del rapporto della SVIMEZ sembra non riescano a smuovere le coscienze dei meridionali, delle organizzazioni sociali e dei politici che spesso si girano dall’altra parte per non vedere.

La sequela di fatti e cifre raccontati in quel rapporto è lunga e anche per questo motivo sono in pochi quelli che si dedicano alla sua lettura. Per semplificare e rendere il compito agevole ai lettori, noi qui riportiamo tre soli punti che fanno riferimento al lavoro e all’emigrazione dei giovani, di quelli cioè che dovrebbero costruire il futuro del Sud: 

– “Il tasso di disoccupazione degli under 35 è salito nel Mezzogiorno al 28,5%, dieci punti in più rispetto al 2008.

– “Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114 mila abitanti.

– “Il 64% dei cittadini meridionali, oltre due su tre, che nel 2011 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea. I laureati meridionali diretti al Centro-Nord sono nel 2011 il 25% del  totale, più che raddoppiati in dieci anni.

In sintesi, al Sud un terzo dei giovani, in maggioranza diplomati e laureati, sono senza lavoro. Inoltre, l’emorragia da Sud a Nord è continua e coinvolge la parte più qualificata della popolazione, quella parte che servirebbe al Sud per potersi riprendere e che invece va ad arricchire l’economia del Nord.

Questa è soltanto una piccolissima pillola amara delle tante che sono riportare in quel rapporto. Se poi la leghiamo ad un altro dato riportato nel discorso che la Presidente della Camera ha fatto qualche giorno fa a Catania, si potrà capire come il quadro futuro sia più fosco di quanto si possa immaginare. Laura Boldrini ha riferito i tassi di investimento in ricerca e innovazione nel Mezzogiorno d’Italia, cioè di quegli investimenti che possono modificare lo stato dell’economia e delle popolazioni del Sud in rapporto a quelli italiani ed europei: “… in media i paesi UE investono 572 euro per abitante in ricerca, in Italia se ne investono 325, nel Sud 156”. 

Non è il caso di commentare oltre se non per dire che dato un presente molto grigio, se i signori dei Palazzi romani, invece di preoccuparsi di trovare un nuovo posizionamento politico in attesa delle elezioni, non si occuperanno per davvero dei problemi dell’Italia e del suo Sud, e se quelli che occupano i Palazzi regionali faranno perdere, come in passato, i tantissimi fondi europei che Brussels mette a disposizione per le regioni meridionali, l’avvenire del Mezzogiorno non potrà che essere come raccontava Jannacci in una sua canzone: “Un buco nero in fondo al tram“.

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