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Lisa – Come possiamo dormire la notte quando c’è tanta sofferenza nel mondo?!
Homer – Spegnendo la luce, cara (da I Simpson) 
 Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 9 
Oggi a pranzo eravamo in tre. Io, Simo e il suo nipotino di otto anni, Jacopo. Mangiavamo, chiacchierando, poi, all’improvviso, il silenzio. Erano iniziati i Simpson. Ora Jacopo rideva e si divertiva sulle battute della famiglia di Springfield e sui disegni buffi, Simone fingeva indifferenza anche se ogni tanto i suoi occhi s’incollavano allo schermo. Non riesce più a godersi totalmente quel cartone e non perché fra qualche mese entrerà nel regno degli “anta”, tra l’altro dopo di me, cosa di cui mai lo perdonerò, ma perché per lui, oramai hanno “saltato lo squalo”. La prima volta che ho sentito questa espressione mi sono chiesta su quale pianeta mi trovassi. Tutto sta dentro un episodio di Happy Days, quello in cui Fonzie, impeccabile nel suo giubbotto di pelle fa sci d’acqua e salta lo squalo bianco dentro il lago. Era il primo episodio della quinta stagione. E che c’entra? C’entra, c’entra. 
Fu Jon Hein a inventarsi questa espressione, significa che una cosa non funziona più, che la macchina s’è rotta, come direbbe qualcun altro. Insomma i Simpson, che per Simone rimangono “una grande vetta della cultura pop e della scrittura seriale-industriale” (davvero dice cose così, e le pensa pure) non sono più quelli di una volta.
Cosa resta? L’affetto, quello c’è. E tante altre cose. Come un libro che sta nella sua mega libreria a casa. Ci trovate di tutto lì. Il libro in questione è  I Simpson e la Filosofia (pubblicato da ISBN Edizioni). Un libro strano, la copertina è molto seria, ma le pagine sono bordate di giallo, il colore principale del cartone animato e il retro ha un disegno nello stile dei Simpson. Dentro ci  trovi  gente del calibro di Aristotele, Marx, Foucault, Nietzsche e altri. Sono dei saggi che interpretano i temi della famiglia, gialla, secondo i grandi filosofi della storia. Bart così diventa l’incarnazione del nichilismo nietschano, si racconta del valore del silenzio di Maggie, la piccolina dedita all’eterno uso del ciuccio, delle virtù di Marge come incarnazione del sistema aristotelico e dell’amore per il prossimo del bigotto vicino Ned Flanders. Ci sono anche sesso e marxismo. Non insieme. Non è un libro scritti da comici, si tratta di studiosi e professori che riescono a rendere più digeribile la filosofia portando, come esempio,  molti episodi della serie. Decisamente pop come operazione. E riuscita pure. A forza di vedere tutto questo giallo, proprio qui in una casa romana, di romani veri, non può non venire in testa un dolce come il Pangiallo, dolce che esiste prima del Natale. Leggenda vuole che esista sin dall’antica Roma, poi la ricetta si è trasformata nel corso del tempo, e che serve lo zafferano per dargli quel giallo che simboleggia il sole. Un dolce pagano. Qui, nella città del papa, a natale. Cose da Roma.
Comunque è un po’ come i Simpson, perché ci metti tutto. E pure di più:
Ingredienti 
200 g di mandorle
200 g di noci
200 g di nocciole
100 g di pinoli
100 g di frutta candita
300 gr di uvetta
300 gr di farina
200 g di miele
150 g di cacao
50 g di cioccolato
olio
1 bustina di zafferano.
Fate scaldare il miele, a fuoco basso. In un recipiente unite tutta la frutta secca e il resto, insieme al cacao e al cioccolato grattuggiato. Sempre nel recipiente versate la farina e il miele fino ad avere un bell’impasto denso. Poi lasciatelo riposare e magari guardatevi una puntata dei Simpson, se vi va.
Preparate la glassa unendo acqua, zafferano, un pò di farina (per darle consistenza) e dell’olio.
Dopo tirate fuori l’impasto e dividetelo in panetti, ricopriteli con la glassa, e poi metteteli sulla classica teglia imburrata, o con la carta forno. 40 minuti a 180 gradi fino ad avere una crosta croccante.
Secondo la tradizione il Pangiallo va fatto il giorno del solstizio d’inverno. Quindi, stavolta sono in tempo.

Lisa – Come possiamo dormire la notte quando c’è tanta sofferenza nel mondo?!
Homer – Spegnendo la luce, cara (da I Simpson

 

 Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 9

 Oggi a pranzo eravamo in tre. Io, Simo e il suo nipotino di otto anni, Jacopo. Mangiavamo, chiacchierando, poi, all’improvviso, il silenzio. Erano iniziati i Simpson.
Ora Jacopo rideva e si divertiva sulle battute della famiglia di Springfield e sui disegni buffi, Simone fingeva indifferenza anche se ogni tanto i suoi occhi s’incollavano allo schermo. Non riesce più a godersi totalmente quel cartone e non perché fra qualche mese entrerà nel regno degli “anta”, tra l’altro dopo di me, cosa di cui mai lo perdonerò, ma perché per lui, oramai hanno “saltato lo squalo“. La prima volta che ho sentito questa espressione mi sono chiesta su quale pianeta mi trovassi.
Tutto sta dentro un episodio di Happy Days, quello in cui Fonzie, impeccabile nel suo giubbotto di pelle, fa sci d’acqua e salta lo squalo bianco dentro il lago. Era il primo episodio della quinta stagione. E che c’entra? C’entra, c’entra.

 Fu Jon Hein a inventarsi questa espressione, significa che una cosa non funziona più, che la macchina s’è rotta, come direbbe qualcun altro. Insomma i Simpson, che per Simone rimangono “una grande vetta della cultura pop e della scrittura seriale-industriale” (davvero dice cose così, e le pensa pure) non sono più quelli di una volta.
Cosa resta? L’affetto, quello c’è. E tante altre cose. 

Come un libro che sta nella sua mega libreria a casa. Ci trovate di tutto lì. Il libro in questione è  I Simpson e la Filosofia (pubblicato da ISBN Edizioni). Un libro strano, la copertina è molto seria, ma le pagine sono bordate di giallo, il colore principale del cartone animato e il retro ha un disegno nello stile dei Simpson. Dentro ci  trovi  gente del calibro di Aristotele, Marx, Foucault, Nietzsche e altri. Sono dei saggi che interpretano i temi portanti della gialla  famiglia di Springfield, secondo i grandi filosofi della storia.
Bart  diventa così l’incarnazione del nichilismo nietschano, si racconta del valore del silenzio di Maggie (la piccolina dedita all’eterno uso del ciuccio), delle virtù di Marge intesa come incarnazione del sistema aristotelico e dell’amore per il prossimo del bigotto vicino Ned Flanders. Ci sono anche sesso e marxismo. Non insieme.
Non è un libro scritti da comici, si tratta di studiosi e professori che riescono a rendere più digeribile la filosofia portando, come esempio, molti episodi della serie. Decisamente pop come operazione. E riuscita pure. 

A forza di vedere tutto questo giallo, proprio qui in una casa romana, di romani veri, non può non venire in testa un dolce come il Pangiallo, dolce che esiste da prima del Natale. Leggenda vuole che nasca  nell’antica Roma, poi la ricetta si è trasformata nel corso del tempo. Serve lo zafferano per dargli quel giallo che simboleggia il sole.
Un dolce pagano. Qui, nella città del Papa, a natale. Cose da Roma. Comunque è un po’ come i Simpson, perché ci metti tutto. E pure di più.

Ingredienti 

200 g di mandorle
200 g di noci
200 g di nocciole
100 g di pinoli
100 g di frutta candita
300 gr di uvetta
300 gr di farina
200 g di miele
150 g di cacao
50 g di cioccolato
olio
1 bustina di zafferano

Fate scaldare il miele, a fuoco basso. In un recipiente unite tutta la frutta secca e il resto, insieme al cacao e al cioccolato grattuggiato. Sempre nel recipiente versate la farina e il miele fino ad avere un bell’impasto denso. Poi lasciatelo riposare e magari guardatevi una puntata dei Simpson, se vi va.Preparate la glassa unendo acqua, zafferano, un pò di farina (per darle consistenza) e dell’olio.Dopo tirate fuori l’impasto e dividetelo in panetti, ricopriteli con la glassa, e poi metteteli sulla classica teglia imburrata, o con la carta forno. 40 minuti a 180 gradi fino ad avere una crosta croccante.

Secondo la tradizione il Pangiallo va fatto il giorno del solstizio d’inverno. Quindi, stavolta sono in tempo.

Nella foto, che è la quarta di copertina del libro, in basso da sinistra: Kant, Marx, Barthes e Foucault. In alto, da sinistra: Aristotele, Wittgenstein, Sartre e Nietzsche.

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