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Anche se nessuno ti ama, troverai sempre qualcuno disposto a tagliarti i capelli (Proverbio africano)
Da bambina ero una capra bionda. Tutta un riccio. Fitti, fitti.
Mia madre ci passava le giornate tentando di lisciarmeli. Crescendo sono diventati di un biondo ramato, paglia al tramonto, e i ricci sono diventati boccoli. Lo shampoo era rigorosamente il Kelemata ai fiori di camomilla. Nonostante tutto sono diventati castani. Ma ero ormai adolescente e quindi ho cominciato a tingerli. La prima esperienza è stata con il Cristal Soleil e chi ha la mia età o giù di lì non può non sapere di cosa parlo. Avevo 13 anni e me lo spruzzai in testa per tutta l’estate. A settembre sembravo una finlandese albina. Fu grazie ai miei capelli che conobbi Laila, quella che sarebbe diventata la mia migliore amica, ma che dico, il mio alter ego. Anche se non ci sentiamo, è ancora una delle mie amiche del cuore. Laila mi volle conoscere perché disse che avevo i capelli come Madonna, in Like a Virgin. Ed era vero. Insieme andammo per la prima volta dal parrucchiere, da sole, non con la mamma, come fino ad allora era successo. Lui si chiamava Giancarlo. Entrammo bambine, uscimmo che manco Veronica Lake. Mèches biondo platino alte quattro dita. Sembravo mia nonna. Ma quanto ero felice. Ho fatto di tutto ai miei capelli. Tagli, tinte, permanenti, stiramenti. Nel periodo di Perugia andai da un Jean Louis David e ne uscii praticamente rasata e color argento.  Per anni poi, in attesa che crescessero, ho girato con una specie di banana di testa. Mi fanno volume sulla nuca. Sono stata nera, rossa e una volta rosa. A mettermi le mani testa ci sono stati: Gemma (il suo negozio era diventato un gineceo di chiacchiere del sabato pomeriggio per noi adolescenti bizantine con pochi svaghi), Aldo e Walter. Poi ho incontrato il mio salvatore: Giuseppe Scaramuzzo. (Piccolo, spazio, spot. Giuseppe è un illuminato. Uno che non molla e in un periodo di crisi, mentre tutti tirano i remi in barca, lui apre negozi nuovi. L’ultimo a Roma, qui. Ed è bellissimo). Comunque, sia come sia, ho un rapporto tremendo con i miei capelli, piango e mi dispero ogni volta che me ne cade qualcuno. Ho il terrore di restare pelata. Il mio nemico numero uno si chiama umido. Sono felice solo quando esco dal parrucchiere. A casa sono un’imbacchiata. Incapace. Sono la reginetta del tuppo. Alti, bassi, con ciambella. Datemi un elastico e io vi tirerò su uno chignon.
 “Tutta la mia sicurezza risiede nella mia capigliatura se non è perfettamente a posto mi sento perduta”, capite perché ho potuto solo che adorare le storie di Virginia e Venusia in Un diavolo per capello di Angela Cutrera. Una storia di capelli e amicizie strampalate nate sotto il casco, se ancora i caschi da parrucchiere si usassero. E’ la storia di due donne agli antipodi, la quasi quarantenne pubblicitaria Virginia e la diciannovenne sciampista Venusia che sogna la tv. Peggio, vuole diventare opinionista a Pomeriggio Cinque. Un libro leggero con ironia. Io uso leggero con amore, che  magari avercene di persone argutamente “leggere” come Angela. Che conosco solo 2.0, ma mi piace un sacco. Un diavolo per cappello è un e-book edito da Emma Books. Una lettura per le feste che verranno, piccoli innocenti evasioni mentre fuori impazza la festa e voi siete ancora con la tinta in testa. 
Il montblanc è assolutamente perfetto per questo libro. Tutti quei fili di castagne che sembrano i capelli della Medusa. E poi è così stucchevolmente, meravigliosamente dolce. E’ il dolce preferito del mio adorato fratello, tra l’altro. 
Ingredienti 
600 gr di castagne marroni 
400 ml di latte 
130 gr di zucchero 
1 cucchiaio di essenza di vaniglia 
20 gr di cacao 
1 bicchierino di rum 
1 pizzico di sale 
300 ml di panna fresca 
50 gr di zucchero a velo 
5 marron glacé
meringhe piccole 
Scorticate le castagne e mettetele a bollire per 20 minuti circa. Una volta scolate, eliminate le pellicine e rimettetele a cuocere con latte, zucchero, il pizzico di sale e l’essenza di vaniglia
lasciate cuocere per  40 minuti, comunque finché le castagne avranno assorbito il latte. Alla purea di castagne aggiungete il cacao e il rum. Amalgamate bene e mettete a raffreddare in frigo per un’ora. Quando sarà freddo passatelo nello schiacciapatate fino a formare una piccola montagna di “vermicelli” che farete cadere sulle meringhe. Montate la panna con lo zucchero a velo, e con l’aiuto di una sàc a poche ricoprite interamente la montagna di castagne con i ciuffetti di panna montata. Per guarnire usate i marron glacè.
Ah, oggi sono una trentottenne felicemente castana. 
Ho scritto 38 eh. Vabbè. 

Anche se nessuno ti ama, troverai sempre qualcuno disposto a tagliarti i capelli (Proverbio africano)

 Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 12

Da bambina ero una capra bionda. Tutta un riccio (e capricci, come da tradizione) Fitti, fitti. Mia madre ci passava le giornate tentando di lisciarmeli.
Crescendo sono diventati di un biondo ramato, paglia al tramonto, e i ricci sono diventati boccoli. Lo shampoo era rigorosamente il Kelemata ai Fiori di camomilla. Nonostante tutto sono diventati castani. Ma ero ormai adolescente e quindi ho cominciato a tingerli.
 La prima esperienza è stata con il Cristal Soleil e chi ha la mia età o giù di lì non può non sapere di cosa parlo. Avevo 13 anni e me lo spruzzai in testa per tutta l’estate.
 A settembre sembravo una finlandese albina

Fu grazie ai miei capelli che conobbi Laila, quella che sarebbe diventata la mia migliore amica, ma che dico, il mio alter ego. Anche se non ci sentiamo, è ancora una delle mie amiche del cuore. Laila mi volle conoscere perché disse che avevo i capelli come Madonna, in Like a Virgin. Ed era vero.
 Insieme andammo per la prima volta dal parrucchiere, da sole, non con la mamma, come fino ad allora era successo. Lui si chiamava Giancarlo. Entrammo bambine, uscimmo che manco Veronica Lake. Mèches biondo platino alte quattro dita. Sembravo mia nonna. Ma quanto ero felice. 

Ho fatto di tutto ai miei capelli. Tagli, tinte, permanenti, stiramenti. Nel periodo di Perugia andai da un Jean Louis David e ne uscii praticamente rasata e color argento.  
Per anni poi, in attesa che crescessero, ho girato con una specie di banana di testa. Mi fanno volume sulla nuca.
Sono stata nera, rossa e una volta rosa. A mettermi le mani testa ci sono stati: Gemma (il suo negozio era diventato un gineceo di chiacchiere del sabato pomeriggio per noi adolescenti bizantine con pochi svaghi), Aldo e Walter. Poi ho incontrato il mio salvatore: Giuseppe Scaramuzzo.
(Piccolo, spazio, spot. Giuseppe è un illuminato. Uno che non molla e in un periodo di crisi, mentre tutti tirano i remi in barca, lui apre negozi nuovi. L’ultimo a Roma. Ed è bellissimo). 

Comunque, sia come sia, ho un rapporto tremendo con i miei capelli, piango e mi dispero ogni volta che me ne cade qualcuno. Ho il terrore di restare pelata.
Il mio nemico numero uno si chiama umido. Sono felice solo quando esco dal parrucchiere. A casa sono un’imbacchiata. Incapace. Sono la reginetta del tuppo.
 Alti, bassi, con ciambella. Datemi un elastico e io vi tirerò su uno chignon. 

“Tutta la mia sicurezza risiede nella mia capigliatura se non è perfettamente a posto mi sento perduta”, capite perché ho potuto solo che adorare le storie di Virginia e Venusia in Un diavolo per capello di Angela Cutrera. Una storia di capelli e amicizie strampalate nate sotto il casco, se ancora i caschi da parrucchiere si usassero.
 E’ la storia di due donne agli antipodi, la quasi quarantenne pubblicitaria Virginia e la diciannovenne sciampista Venusia che sogna la tv. Peggio, vuole diventare opinionista a Pomeriggio Cinque. Un libro leggero con ironia.
 Io uso leggero con amore, che  magari avercene di persone argutamente “leggere” come Angela. Che conosco solo 2.0, ma mi piace un sacco. Un diavolo per cappello è un e-book edito da Emma Books. Una lettura per le feste che verranno, piccoli innocenti evasioni mentre fuori impazza la festa e voi siete ancora con la tinta in testa.

 Il Montblanc è assolutamente perfetto per questo libro. Tutti quei fili di castagne che sembrano i capelli della Medusa. E poi è così stucchevolmente, meravigliosamente dolce. E’ il dolce preferito del mio adorato fratello, tra l’altro. 

Ingredienti 

600 gr di castagne marroni
 400 ml di latte 
130 gr di zucchero
 1 cucchiaio di essenza di vaniglia 
20 gr di cacao
 1 bicchierino di rum 
1 pizzico di sale 300
ml di panna fresca 
50 gr di zucchero a velo 
5 marron glacé
6 meringhe piccole 

Scorticate le castagne e mettetele a bollire per 20 minuti circa. Una volta scolate, eliminate le pellicine e rimettetele a cuocere con latte, zucchero, il pizzico di sale e l’essenza di vaniglialasciate cuocere per  40 minuti, comunque finché le castagne avranno assorbito il latte. Alla purea di castagne aggiungete il cacao e il rum. Amalgamate bene e mettete a raffreddare in frigo per un’ora. Quando sarà freddo passatelo nello schiacciapatate fino a formare una piccola montagna di “vermicelli” che farete cadere sulle meringhe. Montate la panna con lo zucchero a velo, e con l’aiuto di una sàc a poche ricoprite interamente la montagna di castagne con i ciuffetti di panna montata. Per guarnire usate i marron glacè.

Ah, oggi sono una trentottenne felicemente castana. Ho scritto 38 eh. Vabbè. 

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