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Le rivelazioni di Edward Snowden nei mesi scorsi, oltre a creare imbarazzi nei governi di mezzo mondo, hanno aperto un conflitto di grandi dimensioni tra giganti del web come Google, Microsoft, Apple, Facebook, Twitter, Yahoo!, e LinkedIn e il governo degli USA. Una guerra di questa natura era difficile immaginarla fino a un anno fa, ma ormai è in atto un’escalation i cui sviluppi non sono facili da prevedere e che potranno avere effetti su tutti noi, anche se oggi in pochi se ne occupano.

Il caso Snowden ha svelato la violazione della privacy degli utenti da parte dei colossi di Internet che hanno fornito quei dati alla National Security Agency su richiesta del governo. Loro che, di fatto, sono una potenza mondiale, disponendo in totale di oltre 1500 miliardi di dollari di capitale sociale e avendo miliardi di utenti in tutto il globo terrestre, hanno protestato con la NSA e con il governo americano perché sarebbero stati obbligati a cedere i dati dei loro utenti per sottostare alle richieste governative. La loro protesta è nata soprattutto dalla paura di perdere i clienti che non sono più sicuri delle garanzie sulla loro privacy.

Per reazione a questa protesta, l’amministrazione Obama si sta attrezzando per mettere sotto accusa questi giganti che da Internet raccolgono enormi quantità di dati su miliardi di persone e non rispondono alla legge per l’uso che fanno di quei dati, che dovrebbero essere di proprietà degli utenti stessi. Giovedì scorso, la Casa Bianca ha reso pubblico un rapporto che fornisce le linee guida del governo USA sui limiti che le società private devono rispettare nell’uso dei dati degli utenti di Internet. Il Presidente Obama, dopo la protesta delle aziende private, ha dichiarato di essersi sorpreso di come i privati usino strumenti sofisticati, almeno quanto quelli dell’intelligence americana (sic!), per l’analisi di enormi quantità di dati. Anche sulla base di questa sorpresa ha chiesto uno studio approfondito della questione che ha portato alla stesura del rapporto Podesta, dal nome del coordinatore del gruppo di lavoro, l’italo-americano John Podesta, già capo di gabinetto alla Casa Bianca ai tempi del presidente Clinton.

E’ evidente che questo rapporto è la risposta del governo americano alle proteste delle società private abbligate dalla NSA a fornire i dati dei loro clienti e contiene una serie di raccomandazioni per obbligare i colossi del web ad informare utenti e governo su come usano i dati, nei casi di furti di informazioni sensibili e per impedire loro di usare gli algoritmi di data mining per generare “digital pictures” degli utenti che potrebbero discriminare, penalizzare o limitare i diritti civili dei cittadini stessi.

Adesso si attende la risposta delle grandi aziende come Google, Facebook, Twitter o Amazon, che sanno bene che questo rapporto pone dei limiti alla grande ricchezza che hanno a disposizione, cioè i dati quotidiani dei loro utenti, i loro acquisti, le loro mail, i tweet, i post e tanto altro ancora. Dati sensibili tramite i quali le aziende studiano i comportamenti delle persone per proporre acquisti, per prevedere opinioni e scelte politiche, per decidere la loro affidabilità e se è il caso di assumerle quando sono in cerca di un lavoro. 

In buona sostanza, le rivelazioni di Edward Snowden hanno creato una nuova guerra, la guerra dei dati tra le grandi companies che vivono dei dati dei loro utenti e la CIA e la NSA che quei dati li vogliono e li usano, a loro dire, per scoprire terroristi, ma in realtà per farne l’uso che credono. Siamo soltanto all’inizio di una nuova guerra per conquistare il petrolio del nuovo millennio, cioè i dati digitali che le persone, in maniera più o meno consapevole, inseriscono nella rete e che privati e governi vogliono possedere e controllare.

Un po’ come ne La guerra dei bottoni, il romanzo dello scrittore francese Louis Pergaud, il bottino di guerra viene raccolto via via dalle due bande a scapito l’una dell’altra. Lì i prigionieri venivano spogliati dai vincitori di tutti i bottoni, fibbie e lacci che portavano addosso, e rimandati a casa tra lo sberleffo generale e con i pantaloni in mano. Nella guerra dei dati che si sta combattendo negli USA e che da lì si allargherà a tutto il mondo, i prigionieri sono i cittadini che rischiano di essere spogliati dei loro dati e rimandati a casa denudati dalla loro privacy e senza nulla addosso che li protegga sia dal potere dei governi e delle loro agenzie di sicurezza, sia dal potere dei grandi colossi del web.

 

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