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La sua email di lavoro è sigmar.gabriel@bundestag.de, ma siete pregati di astenervi di inviargli messaggi durante il fine settimana, di sera o nei giorni festivi. Il signore in questione non è uno qualunque (lo si può capire anche da bundestag.de) e men che meno uno scansafatiche che non ama essere disturbato. Si tratta di Sigmar Gabriel, Vice-cancelliere e ministro dell’Economia del governo di Angela Merkel, dunque una persona che non soltanto occupa una poltrona tra le più importanti al mondo, ma uno che deve anche dare il buon esempio, come tedesco di Germania e come politico alla guida della locomotiva d’Europa.

Eppure il Vice-cancelliere ha avuto il coraggio di andare contro il mito del tedesco superlavoratore e ha rilasciato un’intervista all’edizione domenicale di Die Welt rivendicando “il diritto al tempo libero inviolabile”. Per raggiungere questo scopo, il super-ministro Gabriel, ha chiesto lo stop ad e-mail, sms e telefonate di lavoro al di fuori dell’orario di ufficio e soprattutto durante il weekend.

Il ministro sembra non ne faccia soltanto una questione personale, ma teorizza che la pratica di stare sempre connessi comunque e dovunque, creato dalle nuove tecnologie, sia un male sociale da debellare. Infatti, lui ha dichiarato che “non staccare mai fa male alla salute e fa perdere il contatto con la realtà”. Il Vice-cancelliere si è riferito anche all’esperienza delle aziende tedesche che hanno già sperimentato per i propri dipendenti il disimpegno dagli impegni di lavoro durante i weekend: “Elogio le imprese che riflettono sull’opportunità di liberare i dipendenti dallo stress dell’obbligo di reperibilità dopo l’orario di lavoro. È nell’interesse delle aziende stesse”. Una forma di liberazione dal lavoro pervasivo a cui le tecnologie della comunicazione ci stanno abituando.

Il problema sottolineato dal ministro Sigmar è di estrema importanza e finora è stato certamente sottovalutato da tutti. Dobbiamo augurarci che le dichiarazioni del vice premier tedesco vengano ascoltate in Germania e nel mondo e facciano riflettere le persone, le aziende, le amministrazioni e i governi sulla china pericolosa lungo la quale tutti stiamo correndo, con il rischio di andare a sbattere. C’è molto lavoro per antropologi, sociologi e altri studiosi per analizzare il cosiddetto homo connectus che sta sempre on-line, che rischia di diventare sempre più workholic e che può rimanere schiacciato dal senso del dover essere sempre connesso per rispondere a richieste che gli danno la sensazione che il suo lavoro non finisca mai e il suo riposo sia sempre labile, incerto, discontinuo. Il fatto che questa riflessione venga da chi guida la nazione che più di altre incarna il mito del lavoro e dell’efficienza produttiva, è un altro elemento che deve spingere tutti a considerare l’argomento con la massima attenzione.

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