X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

 

David Autor è un economista del MIT e il suo intervento dello scorso autunno al simposio della Federal Reserve Bank of Kansas City a Jackson Hole, nel Wyoming, sembra aver suscitato maggiore interesse di quelli che nella stessa conferenza hanno fatto il presidente della BCE Mario Draghi e Janet Yellen, presidente del Board dei governatori del Federal Reserve System americano. Quest’anno Autor è stato in Italia, ospite del Festival dell’economia di Trento, organizzato da Tito Boeri, e anche ai piedi delle Dolomiti l’economista americano ha presentato il suo studio sul rapporto tra il lavoro umano e l’intelligenza delle macchine e ha discusso del paradosso di Polanyi sulla conoscenza tacita e sugli effetti dell’intelligenza artificiale e della robotica sul futuro del lavoro e sulla crescita dell’occupazione.

La questione, nelle sue forme primitive, nasce con la rivoluzione industriale e si può porre in termini molto semplici: L’automazione distrugge più posti di lavoro di quanti ne crea? Da circa due secoli viene continuamente dibattuta, ma la risposta che oggi ne dà David Autor è nuova e interessante. Nuova perché tiene conto degli ultimi sviluppi concreti dell’intelligenza artificiale (Autor è tra i pochi economisti che conosce l’informatica e sa valutarne i risultati più innovativi e avanzati). Interessante perché non sceglie una delle due classiche risposte che spesso si danno al problema: quella pessimistica che dice che le tecnologie aumentano la disoccupazione perché le macchine sostituiscono le persone, e quella ottimistica che teorizza che le tecnologie informatiche creano più posti di lavoro di quanti ne distruggono.

La tesi di David Autor è che molti sovrastimano la possibilità di sostituzione del lavoro umano da parte delle macchine e ignorano le forti complementarietà tra il ruolo del lavoro automatizzato e di quello umano. Questa tesi è argomentata con cura nel lavoro intitolato “Polanyi’s Paradox and  the  Shape  of  Employment  Growth” (lo potete trovare qui: https://economics.mit.edu/files/9835) nel quale Autor parte proprio dal cosiddetto paradosso del filosofo ungherese Michael Polanyi che teorizzò che “la conoscenza tacita che possediamo di come funziona il mondo è superiore a quello che riusciamo a spiegare.” Dunque, poiché computer e robot devono essere programmati da noi per svolgere le loro operazioni, non si può trasferire loro le conoscenze “tacite”, legate all’esperienza personale dell’individuo. Da questo Autor deduce che, mentre una serie di funzioni semplici e ripetitive saranno sempre più svolte dai computer, sia i lavori manuali in cui l’interazione umana è fondamentale, sia i lavori di alto livello che richiedono conoscenze complesse e elevate abilità intellettive, non hanno nulla da temere.

Il problema si pone quindi per la cosiddetta midlle class che fa lavori di routine che sempre più diminuiranno perché presi in carico dalle macchine e dal software. Nel suo lavoro, Autor mostra dati del mercato del lavoro USA e della UE a supporto della sua tesi. In sintesi, nei prossimi decenni è la classe media che deve preoccuparsi dell’avanzare delle tecnologie dell’intelligenza artificiale. Al contrario, la possibilità che le macchine sostituiscano le persone nei lavori che richiedono adattamento, manualità e creatività è ancora molto bassa. Ovviamente, Autor sa che attualmente molte università, molti centri di ricerca e molte grandi aziende informatiche stanno lavorando per costruire computer e sistemi software che permettano di superare il paradosso di Polanyi imparando da esempi e accumulando conoscenza dall’esperienza (vedi il sistema IBM Watson e le ricerche sul deep learning) per apprendere dalla conoscenza tacita, come facciamo noi umani. Se questi sforzi avranno successo, non soltanto gli impiegati, le segretarie e i camionisti rischiano di rimanere senza lavoro, ma molte altre categorie potrebbero essere interessate a nuova rivoluzione (o involuzione) del mondo del lavoro. Anche per queste ragioni, le questioni poste da Autor, con gli annessi e i connessi, non dovrebbero rimanere oggetto di discussione limitata agli specialisti.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE