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Alla fine il “grande fratello” è arrivato anche negli asili privati di Cosenza. In pochissimi, è vero, ma a giudicare dall’onda d’urto di interesse che la notizia ha suscitato, non ci sarebbe da meravigliarsi se nei prossimi mesi, le videocamere di sorveglianza cominciassero a far capolino in molti altri nidi. L’installazione è semplice: un paio di webcam sparse nei locali dell’asilo e un collegamento internet, con chiave d’accesso, riservato ai genitori che in qualunque momento, collegandosi con il computer o uno smartphone, potranno vedere cosa fanno i loro figli. E assicurarsi, questa la paura principe di mamme e papà, che non siano maltrattati. Le immagini degli investigatori che, negli anni scorsi, mostravano ripetutamente sui tg e sulla rete gli asili degli orrori, hanno lasciato tracce profonde in ogni genitore. Si sa. Ma quanto è opportuno avere una vigilanza 24 ore su 24 sui nostri bambini? Quanto renderà insicuri loro e apprensivi noi? L’argomento è spinoso, tanto che anche il garante della privacy ha detto la sua a chiare lettere: “Sistemi di controllo così intrusivi come le webcam devono essere usati con estrema cautela perché, oltre a incidere sulla libertà d’insegnamento, possono ingenerare nel minore, fin dai primi anni di vita, la percezione che sia normale essere continuamente sorvegliati, come pure condizionare la spontaneità del rapporto con gli insegnanti. La tranquillità dei genitori non può essere raggiunta a scapito del libero sviluppo dei figli. Non possiamo, per placare le nostre ansie di adulti, trasformare la società in cui viviamo in un mondo di ipersorvegliati, a partire dai nostri bambini”. Un bel dilemma da risolvere.

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