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Il Prof. Rodotà in queste ultime settimane ha goduto di una certa attenzione dei media e dei cittadini per essere stato candidato dai grillini a Capo dello Stato. Rodotà, come sappiamo, non è stato eletto Presidente della Repubblica, ma certamente rimane uno dei maggiori studiosi della privacy ai tempi di internet e dei diritti della persona, in particolare nelle società del nuovo millennio. Il suo ultimo libro “Il diritto di avere diritti” sicuramente non avrebbe ricevuto così tanto interesse se non ci fosse stata la sua candidatura di Rodotà al Quirinale. Sarebbe stato discusso nella cerchia ristretta degli specialisti e di chi si occupa dei diritti dei cittadini, eppure gli argomenti discussi nel libro riguardano tutti.

Il testo discute molti aspetti che non è possibile sintetizzare in una semplice nota. Qui vogliamo soltanto riprendere una piccolissima parte che richiama i rapporti tra i diritti delle persone e le minacce che a volte le nuove tecnologie possono portare alla loro privacy.

Rodotà nel suo libro ci ricorda, con un linguaggio forse un po’ troppo specialistico, che la rete è una grande opportunità e che tutti abbiamo diritto ad accedere alle informazioni che internet mette a disposizione. Ma allo stesso tempo ci avverte dei rischi della “dittatura dell’algoritmo” per le prerogative della persona:

Nella società dell’algoritmo svaniscono garanzie che avrebbero dovuto mettere le persona al riparo dal potere tecnologico, dall’espropriazione della loro individualità da parte delle macchine. Una direttiva europea e molte leggi nazionali prevedono che tutti abbiano il diritto di conoscere la “logica applicata nei trattamenti automatizzati dei dati” e vietano ogni decisione “fondata esclusivamente su un trattamento automatizzato di dati destinati a valutare taluni aspetti della sua personalità”. Queste norme ci dicono che il mondo dei trattamenti automatizzati delle informazioni non può essere senza regole e che il ricorso all’algoritmo non può divenire una forma di deresponsabilizzazione dei soggetti che lo adoperano.

Fino ad alcuni anni fa, c’era sempre qualcuno che nascondeva le sue difficoltà o la sua ignoranza dietro la frase “E’ colpa del computer”. Oggi che i computer funzionano molto meglio di una volta e sono anche più semplici da usare, dobbiamo stare molto attenti che non ci rubino troppe informazioni e che non usino le informazioni che ci riguardano, e che a volte noi stessi inseriamo, violando i nostri diritti.

Rodotà ci avverte: gli algoritmi sono utili a far funzionare i computer e per far sì che possano semplificare molte attività umane, ma non lasciamo che siano loro a decidere cosa è meglio per noi o addirittura cosa siamo noi stessi. A volte Google sa cose di noi che noi stessi non conosciamo e queste informazioni Google li mette a disposizione di tutti gli utenti della rete. Tutto ciò può ledere i nostri diritti e potrebbe essere usato per fini contrari a noi stessi. Questa situazione presenta elementi di preoccupazione e pericolosità per i singoli e per i loro diritti. E’ quindi necessario tutelare le persone dall’uso improprio e irresponsabile delle tecnologie automatiche che gestiscono e trasformano le informazioni.

In poche parole, occorre evitare che qualcuno in futuro si giustifichi dicendo semplicemente: “E’ colpa dell’algoritmo”. Anche questo è un diritto che non dobbiamo scordare di considerare.

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