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I vigili del fuoco a lavoro su una dell'auto coinvolte nello scontro

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CATANZARO – Andrei Valentin Epure è in carcere. Dopo sei mesi è ancora lì, dietro le sbarre. Nessun timore che siano scaduti i termini di carcerazione preventiva senza che la procura abbia emesso un provvedimento a suo carico. Il sostituto procuratore Vincenzo Russo ha chiesto il giudizio immediato per il giovane romeno che ad agosto scorso ha investito Matteo Battaglia, il ragazzino di 11 anni, falciato sulla statale 106 davanti al negozio di frutta dei nonni. La preoccupazione della mamma che l’uomo potesse uscire dal carcere proprio in coincidenza con la ricorrenza del semestre dalla tragedia, non trova riscontro proprio per la richiesta del sostituto procuratore del rito che non prevede l’udienza preliminare. Il suo dolore, il suo timore che l’uomo potesse lasciare il carcere, lo aveva espresso direttamente al presidente della Repubblica al quale aveva indirizzato una lunga lettera.

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Era una mattina di fine agosto quando sogni, progetti e ambizioni di un ragazzino vennero spenti in un attimo. Lì, sull’asfalto ruvido della strada statale 106 a Sellia Marina. Il Suv, una Jeep Grand Cherokee, con alla guida Valentin, piombò addosso a Matteo come una scheggia. Lo investì in pieno finendo la sua corsa su un’altra vettura ferendo il conducente. Fu solo questione di attimi. Il dolore di una madre, le sue urla strazianti, le sirene dei mezzi di soccorso. Valentin non era né ubriaco, né drogato. Lo aveva raccontato al giudice nel corso dell’interrogatorio di garanzia prima della convalida del fermo. Non aveva mentito al magistrato. Aveva raccontato la sua verità che poi era quella accertata successivamente.

Tranne le due birre consumate a cena, la sera prima, non aveva fatto uso né di alcool né di droghe. Aveva parlato di un colpo di sonno: l’’ultima cosa che ricordava era la caserma dei carabinieri. Poi lo schiaffo di una giovane donna che provava a svegliarlo sul lettino dell’ambulanza. Tra l’uno e l’altro ricordo, il nulla, il vuoto. Fino a quando non si era svegliato e girando la testa aveva intravisto il corpo senza vita di Matteo riverso sull’asfalto in un lago di sangue. Un’immagine che aveva detto non lo aveva mai abbandonato. Aveva chiesto scusa ai genitori di Matteo, la cui unica colpa era stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

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