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Il tribunale di Lamezia Terme

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LAMEZIA TERME – Truffa aggravata in danno della Provincia di Catanzaro. E’ questa l’accusa nei confronti di Giovanni Scalzo, lametino, dipendente dell’Amministrazione provinciale di Catanzaro, accusato di assenteismo. Per l’impiegato della Provincia di Catanzaro la Procura della Repubblica di Lamezia ha emesso un avviso conclusione indagini notificato all’indagato dai finanzieri del Gruppo di Lamezia Terme, diretto dal tenente colonnello Fabio Bianco. Il pubblico ministero Marta Agostini ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini con contestuale avviso di garanzia a Giovanni Scalzo, al quale viene contestato il reato di truffa aggravata a danno della sua amministrazione d’appartenenza (la Provincia di Catanzaro).

I fatti, risalgono al dicembre del 2014 (LEGGI LA NOTIZIA) quando il Nucleo Mobile della Guardia di finanza di Lamezia Terme effettuò un blitz presso gli uffici sede dell’amministrazione provinciale – settore politiche agricole della provincia – ubicati in via Anile di Lamezia (un tempo sede del commissariato di Polizia). In quella occasione, in esito ai controlli di rito, fu riscontrata l’assenza in ufficio, tra gli altri, dell’impiegato Scalzo nonostante questi avesse “timbrato” il proprio cartellino. Dalle immediate indagini condotte dai finanzieri, mediante l’acquisizione della documentazione amministrativa, l’escussione della dirigente e dei colleghi d’ufficio dell’indagato, fu stabilito che il medesimo non avrebbe avuto alcuna motivazione per essere assente dal posto di lavoro in quel momento, per cui fu denunciato a piede libero, stante la sua momentanea irreperibilità. Nella circostanza, invece, fu arrestato un altro collega di Scalzo, l’ex sindaco di Pianopoli Rodolfo Cuda, poiché quest’ultimo fu rintracciato mentre era dedito a svolgere attività lavorativa presso l’azienda della figlia, mentre di fatto risultava presente ed in servizio per la sua amministrazione. Lo stesso fu anche condannato per truffa aggravata il giorno seguente, nel corso del giudizio per direttissima dopo patteggiamento.

Dalle indagini condotte all’epoca dei fatti dalla Guardia di Finanza emerse anche che all’interno degli uffici di via Anile di Lamezia, nessuno dei colleghi di Scalzo, tantomeno i dirigenti, sarebbero stati in grado di indicare quali mansioni svolgesse l’indagato tant’è che gli investigatori delle fiamme gialle avevano riscontrato anche che in quella che doveva essere la postazione di lavoro di Scalzo la scrivania era vuota e il computer in disuso.

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