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Paolo Mascaro, ex sindaco di Lamezia Terme, il cui consiglio comunale è stato sciolto il 24 novembre 2017 per infiltrazioni mafiose

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Dopo lo scioglimento del consiglio comunale (decretato il 24 novembre scorso) per infiltrazioni mafiose

LAMEZIA TERME (CZ) – A seguito dello scioglimento del consiglio comunale (decretato il 24 novembre scorso) per infiltrazioni mafiose, il ministero dell’Interno ha chiesto l’incandidabilità dell’ex sindaco di Lamezia Paolo Mascaro e di due ex consiglieri comunali (Pasqualino Ruberto e Giuseppe Paladino): «Ho appena ricevuto – scrive lo stesso Mascaro sul suo profilo Facebook – la notifica della richiesta avanzata dal Ministero dell’Interno di mia incandidabilita’, rivolta anche a due ex Consiglieri Comunali, e ciò ai sensi dell’art. 143 comma 11 TUEL, con fissazione di udienza dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme per la data del prossimo 22 febbraio, ore 11,30. Ribadisco la mia fiducia nella magistratura – aggiunge Mascaro – con la certezza che saprà riconoscere la legittimità di cristallino operato e di contrasto continuo alla criminalità testimoniato da 29 mesi di atti, impegno e sacrificio. Ribadisco, altresì, pieno rispetto del concetto etico dello Stato anche nel momento in cui è sempre più palese il comportamento persecutorio tenuto nei miei confronti. A chi, non conoscendomi, crede di spegnere così la mia passione ed il mio amore per la mia Città, dico che ciò che è immortale supera e sopravvive alle miserie umane; a chi, non conoscendomi, crede che la mia voglia di Giustizia possa essere intimorita o intimidita da atti o provvedimenti iniqui, dico che continuerò a testa alta ad affrontare ogni vicenda certo che la Verità trionferà e spazzerà via soprusi e falsità. Non mi fermerò mai».

Come si ricorda, il 17 novembre scorso il ministro dell’Interno, Marco Minniti, firmò la relazione (sulla base delle verifiche disposte dal prefetto) sullo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, relazione allegata al decreto firmato dal presidente della Repubblica il 24 novembre scorso. Il Comune di Lamezia Terme – scriveva Minniti – «presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’mparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio dell’ordine e della sicurezza pubblica». Facendo riferimento all’operazione antimafia “Crisalide” contro le cosche “Cerra – Torcasio – Gualtieri, scattata il 23 maggio scorso, con 52 fermi, nella relazione viene ricordata la perquisizione nei confronti di un consigliere comunale in quel momento ai domiciliari per altro, misura successivamente revocata, e del vice presidente del consiglio comunale poi dimessosi. Ai predetti amministratori è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa in quanto avrebbero chiesto e fruito dell’appoggio elettorale della locale cosca mafiosa».

L’operazione “Crisalide” coinvolse l’allora vicepresidente del Consiglio comunale Giuseppe Paladino e l’ex candidato a sindaco Pasqualino Ruberto, eletto consigliere comunale e poi sospeso dalla carica per il coinvolgimento nell’operazione “Robin Hood”. A seguito delle risultanze delle verifiche della commissione, il prefetto, sentito nella seduta del 12 ottobre scorso il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore aggiunto della Dda e del procuratore della Repubblica di Lamezia, ha trasmesso la relazione al ministro dell’Interno con la proposta di scioglimento «in cui si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi». E sia il sindaco Mascaro che il vicesindaco (all’epoca dei fatti) vennero citati nella relazione. Al riguardo, il prefetto evidenziava che «successivamente alla loro elezione e fino ai primi mesi del 2016 il sindaco ed il vice sindaco, entrambi avvocati, hanno assunto, contemporaneamente, la veste di difensori di fiducia di esponenti di massima rilevanza delle cosche e di loro sodali e quella di organi di vertice dell’Amministrazione comunale». E che «solo a marzo e maggio 2016, a seguito della costituzione di parte civile del Comune nei processi, il primo cittadino ed il vice sindaco hanno rinunciato all’incarico di difensori dei menzionati esponenti della criminalità organizzata e il mandato conferito al sindaco è stato assunto da altro professionista in stretti rapporti di affinità con il primo cittadino».

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