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Il caveau sventrato

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CATANZARO – I soldi della maxi rapina al caveau dell’istituto di vigilanza “Sicurtransport” di Catanzaro, avvenuta a dicembre 2016 (LEGGI LA NOTIZIA), avrebbero anche finanziato le famiglie della ‘ndrangheta. Il particolare emerge dall’operazione “Keleos”, condotta dalle squadre mobili di Catanzaro e Foggia.

LA SCHEDA: I NOMI DEGLI ARRESTATI

Le indagini sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro che si è avvalsa delle attività investigative condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia.

IL VIDEO DELL’ASSALTO E LE TELEFONATE

La rapina, messa in atto con metodi paramilitari dal gruppo di malviventi armati di mitra e forniti di sofisticate apparecchiature elettroniche, fruttò un bottino superiore ad 8 milioni di euro.

LE FOTO DEGLI ARRESTATI

L’evento suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono con un potente mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono tutte le strade di accesso alla zona incendiando undici autovetture poste a sbarramento (LEGGI). Ai responsabili è stata contestata l’aggravante della metodologia mafiosa proprio perché una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di ‘ndrangheta che hanno influenza sulla zona.

La ricostruzione

Un’azione militare messa in piedi grazie ad un accordo tra criminalità pugliese e calabrese, con il via libera della ‘ndrangheta che, in cambio, avrebbe ottenuto una parte del bottino in segno di rispetto.

L’assalto al caveau della Sicurtransport, nella zona industriale di Caraffa, alle porte di Catanzaro, avvenuto il 4 dicembre 2016, venne studiato nei minimi particolari. Un basista, all’interno della stessa società, la criminalità calabrese pronta a recuperare informazioni ed i mezzi necessari per l’assalto, e poi la banda specializzata proveniente da Cerignola. Tutto preparato con attenzione, con le strade di accesso bloccate da auto e furgoni dati alle fiamme e da chiodi sparsi ovunque, apparecchiature sofisticate per impedire le comunicazioni via radio, telefoni isolati.

Quindi un imponente escavatore munito di martello pneumatico per sfondare il capannone dell’azienda. In undici minuti i malviventi, armati con armi da guerra, portarono via circa otto milioni di euro, lasciando però nel caveau circa quaranta milioni. L’allarme lanciato da alcuni passanti e poi dal personale della stessa Sicurtransport fece, infatti, fuggire il commando prima di completare il carico.

Soldi anche alla ‘ndrangheta

Le indagini sono state portate a termine dalle squadre mobili di Catanzaro e Foggia, con il coordinamento della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. La banda è accusata, a vario titolo, di rapina aggravata, possesso e detenzione di armi e munizioni da guerra, furto e ricettazione dei veicoli utilizzati per la rapina. Ma la Dda di Catanzaro contesta anche l’aggravante del metodo mafioso, proprio perché parte dei soldi frutto dell’assalto sarebbero finiti nelle mani delle cosche del Catanzarese e del Crotonese.

I ruoli nel commando

Le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona raccontano scene da guerra, con il caveau sventrato in pochi secondi. Una ventina le persone che avrebbero agito utilizzando gli automezzi rubati nel Cosentino da personaggi della zona. Anche l’escavatore era stato rubato a Rossano, evidenziando però i rapporti tra l’imprenditore proprietario e un esponente della comunità rom catanzarese, Giovanni Passalacqua, alias “U Gigliotti”.

La denuncia del furto dell’escavatore fu presentata circa un mese dopo il fatto, insospettendo gli inquirenti, mentre i movimenti di Passalacqua sono stati monitorati passo dopo passo, fino a stabilire la sua presenza nella zona di Cerignola. Eppure, la polizia stava già lavorando su una possibile azione eclatante come l’assalto ad un caveau. Era stata la squadra mobile di Foggia ad allertare le Questure calabresi, segnalando la presenza di elementi vicini alla criminalità di Cerignola nella zona compresa tra Cosenza e Lamezia Terme.

Per questo, le indagini hanno subito permesso di stringere il cerchio intorno ai possibili componenti della banda. Immediate sono state le intercettazioni telefoniche e i riscontri con le celle agganciate dai telefoni cellulari. Le persone sospettate sono state controllate e pedinate in Calabria, aggiungendo elementi utili alle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto.

Nel corso delle indagini, durante una perquisizione a Cerignola, è anche stata rinvenuta una pistola con matricola abrasa, provento di una rapina compiuta ai danni di una guardia giurata. Altro tassello fondamentale, la scoperta di una parte del bottino, circa 119mila euro, rinvenuti a casa di un altro pugliese. Su una delle banconote il timbro della Sicutransport, a conferma della provenienza dei soldi.

La donna “pentita” e il basista

I tasselli finali e le conferme per gli inquirenti, sono arrivate dalla collaborazione della ex compagna di Passalacqua, che ha svelato la presenza del basista, il piano di fuga dei malviventi e diversi elementi utili. Compreso il fatto che lo stesso basista avrebbe fornito un video del caveau e le indicazioni su dove intervenire per aprire il varco di accesso.

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