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La sede della fondazione Terina a Lamezia Terme

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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Gennarino Masi, presidente della Fondazione Terina insiste: «Ci sono tutte le condizioni per tenere il maxi processo Rinascita-Scott qui da noi».

Nessun passo indietro, dunque, rispetto all’offerta presentata il 16 giugno, forte di importanti nuovi elementi che sembrano andare in questa direzione. Due su tutti: le visite, nei giorni scorsi, degli emissari del Ministero della Giustizia e di Nicola Gratteri. In entrambi i casi, è stata espressa una valutazione estremamente positiva sulla possibilità di tenere le assise processuali nel padiglione G-2 della fondazione.

Ed effettivamente l’area presenta i requisiti necessari per quello che è considerato l’evento giudiziario più importante della storia giudiziaria della Calabria.

Le metrature dei locali sono più che sufficienti, i parcheggi adeguati, l’area facilmente gestibile sotto il profilo della sicurezza con un sistema di video sorveglianza che va solo migliorato e con la possibilità di poter utilizzare anche gli elicotteri. Tutto a 10 chilometri dall’aeroporto di Lamezia.

Non solo: Masi ha offerto il padiglione a titolo gratuito, fatta eccezione per le spese condominiali. Il Ministero potrebbe dare l’ok nelle prossime ore, dopo il via libera di Gratteri, che pare scontato. Anche perché, l’alternativa più probabile è quella di far svolgere il maxi processo fuori regione, dato che lo stesso Gratteri, dopo aver tentato il possibile per tenere le udienze a Catanzaro, ha dovuto arrendersi di fronte ai macigni infrastrutturali che questa opzione avrebbe comportato.

Si è tentata, infatti, la strada di montare una tensostruttura nella zona adiacente al carcere di Siano. Ma solo questo avrebbe comportato un costo minimo di sei milioni di euro, a cui andrebbero aggiunti i fondi per realizzare gli impianti di supporto. Senza considerare i tempi. Il maxi processo deve iniziare a fine luglio, data impossibile da rispettare in queste condizioni.

Altra musica dalle parti della fondazione Terina dove il padiglione avrebbe bisogno solo di alcuni adeguamenti, non complicati sotto il profilo tecnico. Per questo Masi insiste, respingendo le critiche di quanto lo hanno accusato di voler mandare via il call-center di Abramo che ospita circa settecento lavoratori, in gran parte provenienti da Lamezia ed il suo hinterland: «Nel mese di febbraio, la società ci ha comunicato la decisione di non utilizzare più i nostri locali. Non abbiamo potuto far altro che prenderne atto».

Ore decisive, dunque, per il parere finale del ministero che potrebbe chiudere una partita dal significato storico per la giustizia calabrese.

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