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L'Asp di Catanzaro

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CATANZARO – Si terrà il primo aprile 2021 davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro l’udienza nei confronti di 11 dipendenti dell’Asp di Catanzaro accusati, a vario titolo, di peculato e favoreggiamento personale per la presunta sottrazione di fondi destinati allo sviluppo di bandi per la gestione dei servizi per gli anziani.

Il gup Matteo Ferrante ha accolto le richieste del pubblico ministero Gaziella Viscomi e ha rinviato a giudizio Giuseppe Romano, in qualità di direttore del servizio informativo dell’Asp; Francesco Francavilla, in qualità di direttore dell’Unità operativa gestione risorse economiche; i dipendenti del servizio informativo aziendale Silvia Lanatà, Giuseppe Fazio, Ieso Rocca e Dario Marino; Francesco Grillone, in qualità di collaboratore amministrativo dell’Unità operativa, addetto alla gestione di spesa dell’Asp; Francesco Papaleo, in veste di collaboratore amministrativo dell’Unità operativa gestione risorse umane; Damiano Congiusta, in qualità di collaboratore dell’Unità operativa gestione risorse umane; Maurizio Rocca, all’epoca direttore del distretto di Catanzaro Lido; Caterina Simonetta collaboratrice amministrativa dell’unità diretta da Francavilla.

Per Giuseppe Pugliese direttore amministrativo dell’Asp di Catanzaro, (difeso dall’avvocato Francesco Laratta), che ha optato per l’abbreviato, il pubblico ministero ha chiesto la derubricazione del reato di favoreggiamento in omessa denuncia all’autorità giudiziaria, invocando la pena di 140 euro di multa. La decisione per Pugliese è stata fissata per il 9 ottobre.

L’inchiesta avrebbe permesso di scoprire una appropriazione e distrazione di fondi della comunità europea, concessi alla Asp per la partecipazione al progetto “StopandGo” acronimo di “Sustainable technology for older people – get organised”, che ha coinvolto diversi partner europei. Un progetto, co-finanziato dalla commissione europea nel 2013 per oltre 760 mila euro e finalizzato a migliorare il sistema di forniture pubbliche di beni e servizi socio-sanitari a beneficio della popolazione anziana, anche mediante servizi potenziati di telemedicina e domotica, che, invece, si sarebbe trasformato, secondo l’accusa, in un bancomat per gli indagati per almeno due anni, ovvero tra il 2014 e il 2016, così come dimostrerebbero le intercettazioni telefoniche e ambientali, che, per gli inquirenti, rappresentano prove vere e non indizi. In altre parole, gli imputati avrebbero ricevuto compensi senza però svolgere nessuna attività per il progetto per una somma complessiva di oltre 166mila euro. E, nel momento in cui la dirigenza se ne sarebbe accorta, non avrebbe fatto nulla per rimettere a posto le cose.

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