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Il depuratore di Catanzaro

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CATANZARO – «Non è mio costume rilasciare dichiarazioni attraverso la stampa, ma mi sento in dovere di intervenire su quanto accaduto a inizio 2018, non tanto per me  che sono pronto a difendermi nelle sedi opportune, ma per tutelare l’immagine dell’azienda che rappresento e dei 13 operai che con me, ogni giorno, con ogni mezzo,  si impegnano al massimo per ottimizzare il processo depurativo di un impianto  vetusto e sottodimensionato».

Parla così Angelo Nasprato, il direttore tecnico della Soteco, società che gestisce il depuratore di Catanzaro, oggi indagato dalla Procura di Catanzaro – insieme al direttore tecnico-operativo dell’impianto catanzarese, Domenico Auguruso, e a Franco Greco, dirigente comunale e responsabile unico del procedimento in ordine al servizio di manutenzione dell’impianto – per dei presunti illeciti nella gestione delle acque reflue del depuratore risalenti al gennaio 2018. Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dal pm, il sostituto procuratore Stefania Paparazzo, i tre indiziati avrebbero, in concorso, mantenuto dolosamente uno scarico di acque reflue urbane che in uscita dall’impianto di depurazione in località Verghello, venivano scaricate nel corpo ricettore costituto dal fiume Corace senza essere sottoposte ad alcun ciclo di depurazione. In più, si legge sempre nell’avviso di conclusione indagini, avrebbero effettuato, in assenza della prescritta autorizzazione, attività di depositi di rifiuti prodotti dai trattamenti di depurazione e raccolti in tre  cassoni avviabili allo smaltimento per circa centro  metri cubi, superando il limite quantitativo previsto per il deposito temporaneo.

«Ho piena fiducia nella magistratura  – dichiara oggi Nasprato al Quotidiano del Sud – e risponderò delle accuse nelle sedi opportune, fornendo tutto la documentazione che abbiamo a disposizione. Ma c’è un messaggio erroneo che rischia di passare da quanto emerso e che voglio chiarire, soprattutto alla cittadinanza: che ci sia qualcuno, impegnato qui nella gestione dell’impianto, che possa  volontariamente fare danni. La gente – aggiunge – deve sapere che tutti qui siamo al lavoro per limitarli i danni, viste le condizioni al limite del collasso di un impianto vecchio per il quale facciamo letteralmente miracoli».

Tornando ai fatti finiti sotto la lente dei magistrati, il direttore tecnico di Soteco spiega che «a gennaio 2018 si verificò l’intasamento di una condotta di processo e il Comune si stava interessando alla sua disostruzione. Tale ostruzione provocò una piccola fuoriuscita di liquame solo grigliato, così come si potrà facilmente dimostrare nelle sedi opportune da foto e video   in mio possesso   ed effettuate anche dalla Guardia Costiera, attraverso una botola vetusta e fessurata, poi riparata». Quindi, secondo la versione di Nasprato, «solo una piccolissima portata di liquame, pari a circa un metro cubo, quindi, è finita nello scarico. Infatti – aggiunge il direttore tecnico – all’uscita del depuratore, dove transitano  circa 1000 metri cubi/h, le analisi condotte dall’Arpacal diedero  esito positivo, rientrando nei limiti tabellari imposti dalla legge  152/2006».  Questo, significherebbe, dunque, che «il depuratore svolgeva appieno la sua funzione al netto di quella piccola e imprevista perdita causata dalla vetustà dell’impianto».  In sostanza, quello che chiarisce Nasprato è che «nessun mio  operatore ha mai avuto la malsana idea di bypassare volontariamente anche solo una piccola fontana di acqua allo scarico, anche perché non capisco  quale vantaggio si possa ricavare da un atteggiamento del genere». 

In merito all’altro aspetto contestato dalla Procura è cioè i container contenenti i fanghi stoccati, Nasprato spiega  che «gli stessi si trovavano nell’impianto perché in quel momento storico tutte le discariche erano sature o sequestrate, quindi pur di rispettare la produzione di fango imposte, e di evitare al contempo la fuoriuscita di fanghi allo scarico che avrebbe significato uno sversamento in mare, avevamo deciso di stoccare gli stessi nei cassoni, valutando che gli stessi sarebbero stati smaltiti nei tempi previsti dalla legge, che non parla solo di  volumetria ma anche dei tempi di smaltimento, ovvero tre mesi».

Spetterà ora alla magistratura fare piena luce su quanto accaduto. Quello che comunque è noto a tutti è che il depuratore catanzarese, costruito quasi 40 anni fa e concepito per una popolazione di 80mila abitanti (oggi ne serve oltre 110mila) presenta forti carenze strutturali e impiantistiche, sulle quali è necessario intervenire. Proprio in questi giorni il Comune, dopo aver avuto il via libera dalla Regione, ha avviato gli  interventi urgenti di manutenzione straordinaria. I lavori prevedono un costo complessivo di 436mila 500 euro, somme  disponibili con l’Apq Tagiri e la delibera Cipe 60/2012 per la realizzazione del nuovo depuratore. Altri 496.300 euro verranno impiegati per una seconda serie di interventi urgenti da ultimare entro il 30 settembre. Lavori prodromici alla realizzazione del nuovo depuratore (sempre a settembre si prevede l’avvio della progettazione esecutiva) che dovrebbe risolvere, in via definitiva, uno dei problemi più importanti del capoluogo. 

 

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