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Francesco Pagliuso

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LAMEZIA TERME – Un noto penalista, Francesco Pagliuso, di 43 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel corso della notte a Lamezia Terme. L’uomo è stato freddato da almeno due colpi alla testa mentre stava rincasando nella propria abitazione posta in via Marconi. 

L’omicidio, su cui stanno indagando i carabinieri che hanno acquisito atti anche diversi documenti presso lo studio del legale, sarebbe avvenuto intorno alle 23 all’interno del giardino antistante la casa dell’avvocato, dove il killer lo stava aspettando, mentre l’uomo si trovava ancora in auto, da solo. Al momento le piste seguite riguardano sia la sfera privata che quella professionale, i militari stanno visionando anche delle immagini riprese da alcune telecamere presenti nella zona.

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La sagoma, a quanto si apprende non riconoscibile, della persona che ha ucciso Pagliuso è stata ripresa dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del giardino dell’abitazione del penalista in cui é avvenuto l’omicidio. Nelle riprese si vede l’assassino che si avvicina all’automobile di Pagliuso e spara due colpi con un revolver che provocano la morte istantanea del penalista e poi darsi alla fuga. L’assassino si sarebbe introdotto nel giardino praticando un buco nella recinzione. 

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A trovare il suo corpo, nel corso della notte, sono stati i carabinieri, avvertiti dai familiari della vittima allarmati per il fatto che il penalista non rispondeva al cellulare.

L’uomo, originario di Soveria Mannelli, è impegnato in numerosi processi di mafia che coinvolgono le più importanti cosche dell’area lametina tra i quali quelle che hanno visto protagonista l’imprenditore Perri e il caso del duplice omicidio di Decollatura (LEGGI). Inoltre, Pagliuso era anche socio nella gestione di un noto ristorante lametino “Il giardino del ‘900” oltre che segretario della camera penale.

La preoccupazione dei vertici della giustizia e dell’avvocatura lametina 

«Il barbaro omicidio dell’Avvocato Francesco Pagliuso, noto professionista del Foro di Lamezia Terme, ha profondamente scosso l’intera città – si legge in una nota a firma del Presidente del Tribunale di Lamezia Terme Bruno Brattoli del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Antonello Bevilacqua e del Presidente della Camera Penale di Lamezia Terme Pino Zofrea – Gli Avvocati, il Presidente ed i Giudici del Tribunale di Lamezia Terme e l’intera cittadinanza esigono la massima attenzione dello Stato ed, in particolare, del Presidente del Consiglio, del Ministro della Giustizia e del Ministro dell’Interno, affinché non debbano più ripetersi così tragici eventi. Si è profondamente convinti che i più alti rappresentanti dello Stato saranno vicini ai familiari ed alla popolazione di Lamezia Terme a cominciare dalle esequie dell’Avvocato Francesco Pagliuso e che il loro impegno successivo sarà massimo». 

Il precedente

È il secondo avvocato che viene ucciso a Lamezia. A marzo del 2002 venne assassinato l’avvocato Torquato Ciriaco sul cui caso dodici anni dopo c’è stata la svolta. E’ in corso infatti il processo con il rito abbreviato per Tommaso Anello, 50 anni, ritenuto il boss dell’omonima cosca di Francavilla Angitola, i fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci, di 45 e 38 anni, di Curinga, a giudizio quali presunti responsabili dell’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco.

La prossima udienza si terrà a novembre prossimo quando il pm dovrà riformulare le richieste contro i tre imputati per i quali ad aprile 2015 il pm Elio Romano chiese tre ergastoli ma il processo è tornato indietro per il cambio del giudice. Il professionista fu assassinato la sera del primo marzo 2002 intorno alle 22. Quella sera, l’avvocato uscì dal suo studio di Piazza della Repubblica quando, nei pressi del bivio Due mari in località Calderaio di Maida, un’auto con a bordo almeno due killer affiancò il fuoristrada condotto dal professionista esplodendo diversi colpi di fucile a pallettoni.

Sarebbe stato Tommaso Anello a ordinare l’eliminazione dell’avvocato per l’acquisto di una cava di inerti. Anello avrebbe voluto che la cava finisse ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione. La svolta alle indagini sull’agguato al noto avvocato attraverso le dichiarazioni del pentito Francesco Michienzi e la testimonianza anche di Angela Donato, (che disse di aver visto l’auto dei killer in un capannone) madre di Santo Panzarella scomparso a luglio del 2002 che avrebbe anche lui preso parte all’omicidio.

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