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CATANZARO – C’è una frattura evidente nel sistema sanitario calabrese, e catanzarese in particolare. L’emergenza Covid-19 sembra avere creato una netta distinzione tra quanti sono schierati in prima linea per contrastare il virus e salvare vite umane, e quanti hanno preferito approfittare della confusione e ridurre al minimo l’attività. In mezzo, c’è qualcuno che, nei piani alti, sta omettendo di controllare e preferisce non vedere. Si passa dai vaccini sospesi e rinviati fino al nuovo anno, alle chiusure degli ambulatori specialistici degli ospedali, a cui si aggiungono, almeno in alcune realtà, le porte ancora chiuse degli ambulatori territoriali. Ci sono ordinanze regionali completamente violate, così come sono violati i piani nazionali e regionali.

In questo clima, i medici di medicina generale associati in rete mista (Mediass Catanzaro) hanno deciso di scrivere e contestare le ultime scelte dell’Asp. «Ci sembrerebbe più utile da parte aziendale concentrare gli sforzi per comprendere come mai i servizi di specialistica, sia ambulatoriale che ospedaliera, non siano state in grado di ottemperare a quanto previsto dall’ordinanza regionale n. 40 del 6 maggio che “ordinava” di “garantire le prestazioni specialistiche ambulatoriali presso le strutture pubbliche territoriali” e procrastinava “per un ulteriore breve periodo, l’erogazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali presso i presidi ospedalieri” riattivati, seppur parzialmente, con ordinanza n. 44 del 18 maggio. Risultano non applicate da parte di Asp e ospedali – contestano i medici – le ordinanze lasciando la medicina generale ancora da sola ad affrontare le problematiche degli assistiti connesse alla pandemia e alle altre patologie croniche».

La lettera aperta è stata sottoscritta dai medici Annibale Battaglia, Rosa Bianco, Iolanda Fera, Antonietta Greco, Andrea Muscolo, Giacinto Nanci e Carmelo Rossi, ma quello degli ambulatori ospedalieri chiusi è un tema noto, su cui c’è chi ha preferito glissare fino ad oggi. A scatenare la reazione dei medici associati è stata la decisione del Dipartimento Cure primarie che ha chiesto «ai medici specialisti di segnalare, in questo periodo di pandemia, le prescrizioni di visite urgenti non appropriate dei medici di famiglia per avviare procedure di contestazione nei nostri confronti». Insomma, chi ha lavorato per tutelare la salute dovrebbe pagare per averlo fatto, nonostante «una buona parte delle impegnative prescritte in questo periodo dai medici di famiglia sono indotte in violazione e in sostituzione delle mancate prescrizioni di altri soggetti prescrittori (specialisti)».

D’altronde, le visite urgenti, con codice 48, erano le uniche che potevano accedere alle visite specialistiche in periodo di pandemia. Escludendo completamente quei pazienti che, prima del lockdown, avevano in atto accertamenti anche per possibili malattie tumorali. In questi mesi di pandemia sono mancati i controlli, ma sono sparite anche quelle forme di dialogo e comunicazione che avrebbero permesso di affrontare meglio una condizione di emergenza, compreso una corretta interpretazione di Dpcm e ordinanze regionali, spesso in contrasto tra loro. Oppure, come nel caso di una comunicazione dell’Unità Operativa territoriale (Diabetologia) che ha disposto «l’obbligo di dispensazione dei presidi per i diabetici da parte dei medici di famiglia, pur non essendo previsto».

Infine, la contestazione aperta al commissario per il piano di rientro, Saverio Cotticelli, su cui si chiede anche una attenta verifica: «Non solo non ha dato nessun contributo alla lotta contro il coronavirus, prova ne è il fatto che tra i suoi decreti da febbraio ad oggi solo uno tratta del covid – scrivono i medici di medicina generale – ma ha trovato il tempo, sempre in questo periodo, di emanarne altro, il n. 63 del 6 marzo, che, guarda caso, è un aggiornamento (peggioramento) del monitoraggio prescrittivo (solo dei medici di famiglia)».

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