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LAMEZIA TERME – Il 36,6% dei reati di matrice economica ufficialmente denunciati in Calabria afferisce alla tipologia delle frodi e dei delitti informatici (in linea con la media nazionale), un ulteriore 36,4% invece origina dalle forme spia delle presenza di criminalità organizzata come minacce, estorsioni e usura); seguono, poi, i furti in esercizi commerciali che si attestano al 12,6% dei reati economici ed i reati di ricettazione che costituiscono il 6%. Lo rivela il rapporto presentato in occasione del Forum regionale dell’economia 2016 svoltosi a Lamezia Terme sul tema “Illegalità economica e sicurezza del mercato in Calabria”.

Altro dato considerato è quello della corruzione le cui conseguenze, viene fatto rilevare nel rapporto, «sono disastrose e vanno ben al di là di ciò che generalmente si considera il danno provocato: la corruzione infatti avvelena la società, distrugge la fiducia, erode le possibilità di sviluppo, accresce la povertà distraendo le risorse disponibili, causa distorsioni ed ineguaglianze anche a livello regionale, alimenta investimenti e spese inutili, peggiora il rischio paese e allontana gli investitori, aumentando il costo del debito, mettendo a rischio, come possiamo constatare drammaticamente oggi, il futuro delle nuove generazioni».

Nel rapporto viene fatto rilevare che «secondo i dati pubblicati dalla Ragioneria di Stato sulla “spesa statale regionalizzata” del 2014, la spesa per abitante in Calabria ammonta a 4.143 euro. In generale la spesa per abitante in Calabria è superiore alla media nazionale di ben 531 euro, ma il dato peggiora se si confronta con il Pil della regione: in questo caso infatti il risultato (26,82%) è il secondo peggiore su scala nazionale, superato solo dal quello della Sardegna (27,19%)».

Accanto a questo si evidenzia che «a trasferimenti economici da parte dello Stato piuttosto elevati, non sembrano però corrispondere altrettanto elevati livelli di servizio: in questo senso sono illuminanti i dati raccolti dall’Università di Göteborg sulla qualità dell’amministrazione in tutte le regioni europee». Altro capitolo riguarda i beni confiscati rispetto al quale emerge che «la provincia calabrese con il maggior numero di beni confiscati è di gran lunga quella di Reggio, che con 2.056 beni è addirittura seconda in Italia solamente a Palermo (5.374) e davanti a Napoli (1.878), Trapani (1.233), Roma (1.196), Milano (1.006) e Caserta (1.003). Rimanendo in Calabria, dopo Reggio seguono Catanzaro (333), Cosenza (292), Crotone (198) e Vibo Valentia (194). Dando uno sguardo ancor più nel dettaglio e scendendo al livello municipale, il Comune che presenta il maggior numero di beni confiscati è ovviamente quello di Reggio Calabria (605, di cui 67 aziende), seguito da Lamezia Terme con 221.

Saltano però all’occhio numerosi piccoli Comuni che presentano un numero elevatissimo di beni confiscati in rapporto alle dimensioni. Solo per citarne alcuni: a Oppido Mamertina (5.331 abitanti) troviamo 97 beni confiscati; a Marina di Gioiosa Ionica con i suoi 6.548 abitanti sono stati confiscati 77 beni; e così via, fino ai più piccoli e tristemente famosi comuni di Africo, con 48 beni confiscati e 3.127 abitanti o Platì con 42 beni e 3.804 abitanti». Ma non solo. «Rimanendo sulla dimensione comunale – è detto ancora nel rapporto – , un altro dato che impressiona è quello relativo ai Comuni commissariati per infiltrazione di stampo mafioso (art. 143 del D. Lgs. N.267/2000), dove su 15 in tutta Italia, ben 10 si trovano in Calabria (il 66%)».

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