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CATANZARO – Ogni anno in Calabria ci sono 5.000 nuovi casi di ictus. L’ictus cerebrale o stroke rappresenta la prima causa di invalidità, la seconda di demenza e la terza di morte nei paesi sviluppati come l’Italia. Ad oggi, gli interventi più efficaci, in questo ambito, sono rappresentati dalla creazione di unità dedicate al trattamento di questa patologia, le stroke unit, dalla somministrazione di farmaci, detti trombolitici, che disgregano il materiale che occlude i vasi cerebro-afferenti ed è responsabile dell’80% degli ictus, e da efficaci interventi di prevenzione primaria e secondaria. Per dimensioni e impatto sulla popolazione questa patologia necessita di interventi volti all’istituzione di strutture dedicate alla gestione clinico assistenziale dei pazienti così da ridurre la mortalità e le disabilità che ne conseguono. Dopo l’esperienza vibonese, la disponibilità del primario del Reparto di Neurologia di Vibo Valentia, Domenico Consoli, sollecitata e voluta dal primario dell’unità operativa di Neurologia di Catanzaro, Umberto Cannistrà, con il tramite del dimissionario direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese Ciaccio” del capoluogo calabrese, Alfonso Ciacci, e del neo insediato Francesco Miceli, ha dato vita ad una collaborazione finalizzata al trasferimento del know-how e delle competenza da Vibo a Catanzaro a tutti i livelli professionali per varare e attivare, anche nella città capoluogo, la Stroke Unit. Le Stroke Unit possono essere considerate come un reparto speciale, dedicato alle malattie cerebrovascolari e dotato di posti letto monitorizzati. Al suo intemo cooperano medici (neurologi, radiologi, cardiologi), infermieri, tecnici della riabilitazione, logopedisti, assistenti sociali, tutti specializzati nella gestione dei pazienti con ictus all’interno di un percorso multidisciplinare volto al confronto educazionale finalizzato alla formazione continua ai confronti in audit. All’interno di queste strutture dedicate è possibile somministrare il trattamento trombo litico per via veloce. Si tratta di un trattamento che, se somministrato nell’arco massimo delle 4 ore e mezza, è capace di dare risultati eccellenti rispetto ai pazienti non trattati. Se, infatti, tra i non trattati abbiamo una mortalità dei 20% a 30 giorni, del 10% intraospedaliera e del 10% entro un anno mentre dei rimanenti il 20% guarisce e il restante 30% ha esiti invalidanti, con il trattamento le percentuali si riducono visibilmente.

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