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IL diritto di una madre a rimanere anonima nel caso in cui non voglia tenere il bambino e quello del figlio di conoscere i genitori devono trovare un punto di incontro. E la norma contenuta nella legge 184 del 1983 su adozioni e affido, che vietava l’accesso alle informazioni nei confronti della madre che abbia dichiarato al momento della nascita di non volere essere nominata, è stata giudicata incostituzionale dalla Consulta.

La sentenza sarà depositata a giorni e i suoi contenuti, anticipati in questi giorni da alcuni organi di stampa, vengono confermati da fonti della Corte Costituzionale che si è pronunciata dopo un quesito avanzato dal tribunale per i minorenni di Catanzaro il 15 novembre 2012.

Solo la lettura delle motivazioni permetterà di comprendere in profondità i contenuti della decisione, che però viene presentata di estrema importanza tanto che potrebbe segnare un nuovo modo di concepire i diritti dei figli adottivi e più in generale l’identità personale. Anche perchè nel 2005 esaminando la stessa norma, la Corte Costituzionale l’aveva dichiarata legittima.

«Studi psicologici e sociologici hanno evidenziato che nelle persone adottate, insorge il bisogno di conoscere non solo la storia precedente all’adozione, ma anche l’identità dei propri genitori, al fine di ricostruire la propria storia personale e di giungere ad una più completa conoscenza di sè», si legge nelle prime righe dell’ordinanza, firmata dal presidente del Tribunale Luciano Trovato, che prospetta la violazione di quattro articoli della Costituzione: 2, 3, 32 e 117. 

I giudici di Catanzaro chiedono che la legge sia dichiarata illegittima nella parte in cui esclude che il figlio adottato possa avere accesso alle informazioni sulle sue origini senza avere prima verificato che la volontà della madre di restare anonima persista davvero. Non riconoscere un figlio è un evento traumatico legato per lo più a circostanze estreme e dolorose, ma il passare degli anni potrebbe capovolgere la prospettiva e il diritto – ha ragionato in sostanza la Consulta – non può non tenerne conto, impedendo a un figlio di sapere chi sia la sua vera madre anche quando quest’ultima non veda più le ragioni per negarlo.

 

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