X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

MOTTA SANTA LUCIA – La richiesta di restituzione del cranio del contadino calabrese Giuseppe Villella torna d’attualità visto che nel corso dei prossimi mesi (per la precisione a dicembre LEGGI) si svolgerà il giudizio d’appello a Catanzaro sorto in seguito alla richiesta giudiziale (vinta in primo grado LEGGI) di ordinare la restituzione del teschio avanzata proprio dal comune di Motta Santa Lucia al museo di antropologia criminale Cesare Lombroso di Torino. Morto nel 1864, Villella nacque a Motta Santa Lucia venne carcerato a Vigevano mentre morì, appunto il 16 agosto del 1864, nell’ospedale di Pavia. 

Su di lui, il criminologo Lombroso fece l’autopsia per individuare quella che, secondo le sue discusse e ormai superate teorie, sarebbe stato «il tratto distintivo della delinquenza atavica», ossia la fossetta occipitale interna o cerebellare mediana, presunto «segno anatomico del delinquente per natura». 

La vicenda giudiziaria, invece, è iniziata nel 2011, quando il Comune di Motta Santa Lucia ha adito le vie legali per la restituzione delle spoglie del suo concittadino. Il 3 ottobre del 2012, il giudice unico del Tribunale di Lamezia Terme ha condannato l’università di Torino, presso cui ricade il Museo antropologico criminale ‘Cesare Lombroso’, a restituire il cranio di Villella, pagandone anche le spese per il trasporto e la tumulazione. Da parte sua, l’ateneo piemontese si è opposto e ha presentato richiesta di appello contro la sentenza di primo grado, impugnandola presso la Corte d’Appello di Catanzaro che ha disposto la sospensione dell’obbligo di trasferimento (LEGGI), e sostenendo che la restituzione del cranio avrebbe «comportato lo smembramento della raccolta museale», anche se in precedenza era stato restituito alla Toscana il cranio di David Lazzaretti, il cosiddetto ‘Messia dell’Amiata’, ucciso dalla polizia nel 1878. 

Sulla questione era intervenuto anche il ministero dei Beni culturali, in risposta a un’interrogazione parlamentare, sottolineando che «non esistono agli atti del Museo di antropologia criminale di Torino documenti da cui risultino le modalità di acquisizione dei reperti». Circostanza cui ora fa riferimento anche il Comune calabrese di Motta Santa Lucia appellandosi al codice etico dei musei che prevede, in relazione al tema dell’acquisizione delle collezioni, anche il ritiro dall’esposizione al pubblico, se non si documenta «la loro legittima provenienza».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE