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TRE anni senza Vittorio De Seta. Lui, raro esempio non solo di intellettuale della macchina da presa ma di uomo che per scelta sta nell’ombra e nell’ombra brilla di luce propria, aveva scelto di vivere in Calabria. E qui, a Sellia Marina, è scomparso il 28 novembre di tre anni fa. De Seta “catanzarese” per scelta era legato al capoluogo calabrese anche per via di quel blasonatissimo nonno che fu Francesco De Seta sindaco a cui è intitolata l’ “affacciata” più bella di Catanzaro: via Francesco De Seta a Bellavista, appunto. Regista e sceneggiatore debutta al cinema con  “Banditi a Orgosolo”. Per la Rai firma  ”Diario di un maestro”, documento di una difficile esperienza didattica condotta in una borgata romana. Oggi a tre anni dalla scomparsa – passata per la verità in sordina – arriva una proposta per ricordarne l’opera e l’inconfondibile impronta da documentarista di rango. Porta la firma di Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria e Piero Mascitti , della Fondazione Rotella. I due operatori culturali, incontratisi sul set del film di ormai prossima uscita “Rotella fuori posto”, propongono, invitando la Regione Calabria a raccogliere il progetto, una grande retrospettiva presso il Centre Pompidou di Parigi. Di più. Il blasonato museo sarebbe disponibile ad ospitare l’iniziativa. 

Va ricordato, inoltre, che proprio la Cineteca della Calabria custodisce tutte le opere di Vittorio De Seta e ha condotto, per prima, l’operazione di ristampa dei documentari girati tra il 1954 e il 1959, attualmente disponibili anche nelle librerie. Nell’anniversario della scomparsa del regista che si era ritirato a Sellia Marina per fare l’agricoltore, Attanasio ne traccia un ricordo assieme alla proposta.

«De Seta è scomparso non senza aver lasciato un’altra splendida opera aperta, quel Lettere dal Sahara che a Venezia tutti avevano applaudito – ricorda il presidente della Cineteca della Calabria – Una grande perdita per la Calabria alla quale aveva dedicato un bellissimo e controverso ritratto con “In Calabria”, unica testimonianza di un intellettuale sulla difficile e complessa identità di una regione “a metà” tra mancata industrializzazione e permanenza di una cultura legata ancora alla terra. Discendente di una nobile famiglia calabrese, originaria di Belvedere Spinello, che aveva dato alla città di Catanzaro due sindaci, dopo la morte della moglie, era rientrato nei possedimenti di famiglia a coltivare un grande uliveto». 

«La civiltà contadina era stato il suo terreno d’elezione , della quale era universalmente riconosciuto come uno degli ultimi cantori. Da San Paolo del Brasile a Istanbul, non c’era Festival del cinema che non lo invitasse per sentire le sue parole sempre profetiche – ricorda Attanasio – Autore innovativo e profondo, de Seta è uno dei pochi cineasti italiani ad aver goduto di maggiori riconoscimenti all’estero, piuttosto che in patria. Memorabili in proposito le parole spese da Martin Scorsese nel 2005 durante la sua lectio magistralis a Bologna, quando tributò encomi alla sua grande opera documentaria che lo aveva avvicinato al cinema». L’anno successivo Scorsese inviterà De Seta al Tribeca film festival a New York. Ed era il giugno del 2006 quando il Moma, gli dedicò una grande retrospettiva. Sarebbe bello se anche la Calabria lo ricordasse, ora che non c’è più.

 

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