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Presentato a Roma il nuovo volume edito da Rubbettino

CATANZARO – Romano Prodi, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi ma anche Grillo, Crozza, Ferrara e Eugenio Scalfari: i protagonisti degli ultimi 20 anni della politica italiana sono anche il filo rosso sul quale si dipana il nuovo libro di Agazio Loiero, «Lorsignori di ieri e di oggi» (edito Rubbettino).

Un’opera che si presenta come una serie di ritratti (9 politici, 3 giornalisti, 2 uomini dello spettacolo), raccontando, attraverso una forma che quasi si ispira ai rotocalchi del giornalismo italiano del dopoguerra, l’Italia dall’avvento di Berlusconi fino all’attuale governo. «E’ un’operazione un pò vintage ed è anche un pò autobiografica», spiega Loiero, ex ministro, parlamentare e presidente della Regione Calabria dal 2005 al 2010, presentando il libro alla Biblioteca del Senato. Opera che già nella parola ‘Lorsignorì si rifà ai celebri corsivi di Fortebraccio e che è permeata, a detta dello stesso autore, da una forte preoccupazione per il futuro della politica.

«Assistere oggi alla politica è un avvilimento, basta guardare ai ballottaggi e all’assenza di sogni, di utopie» negli interventi dei candidati, osserva Loiero soffermandosi poi sul profilo di Renzi e sull’effetto, spesso negativo, che il carattere ha sui politici. Il premier è «un personaggio incredibile ma non si accorge che in Italia i risentimenti, più dei sentimenti, covano a lungo per poi rimettersi insieme nel momento in cui una persona comincia a scricchiolare», è l’esempio fornito da Loiero.

E sulla solitudine di Renzi e sui rischi ad essa legata, sebbene il premier talvolta «la esibisca e la ostenti», si sofferma anche la presidente della commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro. La senatrice soffermandosi sui ritratti di Agazio, definisce il governo Prodi I «il migliore della storia repubblicana» e condivide, con l’autore, «la crisi della classe dirigente italiana». Una classe dirigente che spetta ai partiti «e non al web e neppure alle primarie” selezionare, osserva.

Sull’uscita di scena di Berlusconi, sulla quale Agazio si sofferma interrogandosi su quale sia il modo migliore per farsi da parte, Finocchiaro invece frena. «Se a Milano vincesse Parisi Berlusconi non avrebbe solo conquistato una città ma avrebbe compiuto un’opera da grande statista tenendo il suo centrodestra in un’area liberale, non xenofoba, non populista», spiega.

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