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Gino Paoli e Danilo Rea

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In coppia con Danilo Rea chiuderà la rassegna dopo i sold out di Massimo Ranieri e Steve Hackett

CATANZARO – Festival d’autunno, sezione eventi la chiusura è col botto. Dopo i sold out di Steve Hackett e Massimo Ranieri il Festival d’Autunno, diretto e ideato da Antonietta Santacroce, si prepara ad accogliere due artisti che da alcuni anni incrociano le loro strade artistiche: Gino Paoli e Danilo Rea. La ritrovata forma di Gino Paoli, che nei giorni scorsi si è visto costretto a rinviare la data del concerto catanzarese, è sicuramente una buona notizia per tutti i fan che attendono il live al Teatro Politeama di Catanzaro venerdì alle 21.

“Due come noi che…”, così si chiama il progetto musicale che vede insieme Paoli e Rea.

«Solo piano e voce ma con un dialogo continuo sul palcoscenico che impreziosice canzoni appartenenti al songbook di Gino Paoli, ma anche a personaggi di primo piano della Genova dei cantautori. Canzone dell’amore perduto di Fabrizio De André, Vedrai vedrai di Luigi Tenco, il personale tributo di Danilo Rea sul tema di Bocca di rosa dello stesso De Andrè, Se tu sapessi di Bruno Lauzi, Il nostro concerto di Umberto Bindi e Vedrai vedrai di Lugi Tenco sono dimostrazione di grande affetto per gli autori di brani divenuti dei veri e propri classici della canzone italiana», fanno sapere dal Festival.

E ancora: «Oltre a queste canzoni in una scaletta che si rinnova di spettacolo in spettacolo non mancheranno alcune delle canzoni del repertorio di Paoli. Da Il cielo in una stanza a Una lunga storia d’amore, da Sapore di sale a Senza fine, da Come si fa ad Averti addosso passando per La gatta e Che cosa c’è, “Due come noi che…” sarà un viaggio intimo e vibrante tra le canzoni che hanno segnato un’epoca».

Quando ormai il conto alla rovescia è cominciato la parola a Gino Paoli.

Paoli, ma qual è la canzone che avrebbe voluto scrivere?

«Le canzoni che volevo scrivere le ho scritte. Sicuramente tra i brani che sento più vicini ai miei c’è “Vita spericolata” di Vasco Rossi: con questo non intendo dire che mi rispecchio nelle canzoni di Vasco, ma ritengono che le nostre posizioni umane, le nostre premesse, siano simili».

 A cosa non rinuncerebbe mai?

«Non potrei mai rinunciare alla libertà di dire quello che voglio».  

Paoli in tre aggettivi?

«Indipendente, libero, irregolare».

Cosa ne pensa del Nobel a Dylan?

«Sono convinto che canzoni e poesia vadano a braccetto, quindi questa scelta non mi sorprende. Per me ciò che conta è il risultato finale, al di là della melodia e del testo. Se scrivi qualcosa di bello, capace di trasmettere emozioni, allora va bene. Ovviamente questo discorso vale per le canzoni fatte come “espressione”, che esprimono la personalità dello scrittore. Ci sono tante canzoni che invece sono fatte per divertire e basta, per ballare: sono apprezzabilissime ma è un’altra cosa».

Se potesse fare un viaggio nel tempo chi vorrebbe essere stato?

«Non saprei dire. Sicuramene ho una grande stima di un personaggio che ha fatto la storia della medicina in Italia, Franco Basaglia. Il tema della salute mentale mi ha sempre appassionato e Basaglia si è dedicato con tenacia alla trasformazione dei metodi di cura promuovendo grandi passi avanti nel trattamento del malato di mente, nella cura, e nel rispetto per la sua persona».

Lo sguardo che non ha mai dimenticato?

«Lo sguardo di Bruno Lauzi, l’ultima volta che lo vidi in ospedale. Mi chiese di ritirare il Tenco per lui, e scherzando mi disse: “Mi raccomando, fammi fare bella figura!”».  

E la donna che ancora una volta vorrebbe incontrare?

«Tutte, nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare donne straordinarie e ognuna di loro ha contribuito nel mio percorso».  

In un brano di qualche anno fa cantava “mio figlio ha cinque anni e cinque convinzioni, facendo bene i conti ne ha cinque più di me…”.  È ancora così?

«Direi di sì, le convinzioni sono beffarde. La vera chiave della vita sono le domande: sono quelle che ci spingono ad andare avanti. Penso che il mondo sia in eterno cambiamento, e così anche noi siamo in eterna evoluzione. Siamo dei “mutanti”, continuamente. Ogni cosa, ogni atto umano, è come se fosse il seguito di una domanda. Le domande sono un atto di opzione, di speranza, di ricerca».  

Ha detto che la poesia è un incidente, e l’amore cos’è?

«L’amore è il motore che ispira ogni tipo di artista, chi scrive, chi dipinge, chi fa musica. I sentimenti e le emozioni sono le cose più importanti della vita e automaticamente quando scrivo, le cerco lì dove nascono. Una volta Aznavour mi disse: “Alla fine quando scrivi i temi sono sempre gli stessi. Amore e morte, Eros e Thanatos”. Ecco, io sono abbastanza d’accordo, perché in fondo gira tutto intorno a quello, alle emozioni».

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