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COSENZA – Dalle aule universitarie a quella del tribunale. L’Università della Calabria ha chiesto di costituirsi parte civile nell’udienza preliminare che si è svolta a Catanzaro nei confronti di 61 persone indagate nell’inchiesta ‘Centodieci e lode’ sui falsi esami nella facoltà di Lettere e filosofia. Il giudice, Giovanna Mastroianni, si è riservata di decidere sulla richiesta avanzata dall’Unical. Ha chiesto di costituirsi parte civile anche un ex studente dell’Università della Calabria, ora impegnato in attività di ricerca a Palermo. L’udienza è stata poi rinviata al 7 ottobre 2013 per una serie di errori di notifica agli indagati.

L’ipotesi di accusa (sostenuta dal pm di Cosenza Antonio Bruno Tridico e dal pm di Catanzaro Alessia Miele) è falso e frode informatica (da qui la competenza territoriale della procura del capoluogo di regione). La maggior parte degli imputati sono laureati (i più noti superano gli “anta”), tre sono invece segretari e una è tutor. C’è anche il professore Daniele Gambarara, ordinario di Filosofia del Linguaggio. Gli esami contestati spaziano dal 2004 al 2011.

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Originariamente gli indagati erano settantasette. Tredici posizioni sono state poi archiviate. Tre studenti hanno invece patteggiato la pena. Tra questi c’è la laureanda che ha di fatto dato il via all’inchiesta, concentrata sulla facoltà di Lettere e Filosofia. Il professore Roberto Bondì, docente di Storia del pensiero Scientifico, non riconobbe come sua la firma apposta sullo statino d’esame. Segnalò la cosa al presidente della Facoltà, Perrelli, che a sua volta informò il Magnifico rettore, Giovanni Latorre. Quest’ultimo – eravamo nella primavera del 2011 – andò in procura a Cosenza e denunciò il fatto al procuratore Granieri, che affidò il caso al pm Tridico. 

Quest’ultimo formò uno specifico pool di agenti della Digos (gli ispettori Franco Gagliardi e Franco Cassano e l’assistente capo Luigi Morrone, guidati dal dirigente Pietro Gerace), che ha acquisito migliaia di statini e piani di studi. Ascoltati anche gli stessi indagati, tra cui la laureanda sui quali si concentrarono i sospetti del professore Bondì, ossia Giovanna Scala. Fu sentita per la prima volta il 4 aprile del 2012, nell’ufficio di Tridico. Spiegò che nel 2005 decise di riprendere gli studi e di voler dunque ripianificare il relativo piano: «Frequentando l’università – disse in procura – ho iniziato a conoscere la tutor Angela Magarò che mi disse che mi avrebbe potuto aiutare…». La Magarò è tra i principali indagati: secondo l’accusa avrebbe falsificato numerosi statini, apponendo la firma degli ignari docenti. La Scala ha detto che la tutor «si propose spontaneamente di aiutarmi e io ingenuamente pensai che mi volesse aiutare a livello didattico. Mi disse che, non su tutti gli esami, ma solo su alcuni avrebbe potuto aiutarmi notevolmente. Le chiesi come e lei mi fece capire che avrebbe falsificato l’esame, ossia che avrei superato alcuni esami senza la mia effettiva presenza in sede».

L’indagata aggiunse che la tutor prese da un cassetto degli statini in bianco, facendogli apporre la sua firma. Prossima alla laurea il colpo di scena, prodomico dell’inchiesta: dopo aver superato gli esami indicati nel piano di studi e adempiuto agli obblighi amministrativi, la seduta fu fissata per il 10 marzo del 2011: «Qualche giorno prima il mio nome era stato cancellato dall’elenco; ho fatto subito una mail alla mia relatrice della tesi per chiedergli i motivi; ho tentato telefonicamente di parlare con la Magarò, ma vedendo il mio numero non rispondeva o metteva occupato. Decisi di scrivere all’università per chiedere notizie, ma nessuno mi ha mai risposto…». La Procura si era già messa al lavoro. Oggi l’appuntamento dinanzi al gup, per l’esame giudiziario.
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