X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

RESTRINGERE il campo. Lo studio tecnico denominato “Alarico”, sulla base del quale una settimana fa a Roma è stata annunciata una campagna di scavi sulle tracce della tomba del re dei Goti, prevede quattro fasi di indagini per delimitare le aree in cui si ritiene più probabile ritrovare il «giacimento archeologico», come già anticipato dal sindaco di Cosenza Occhiuto 

A metterlo a punto è stato un geologo, Amerigo Giuseppe Rota, che punta in buona parte sugli esiti di indagini diagnostiche non invasive. Nella fase preliminare si è partiti dagli elementi storici, che, perduta la monumentale Storia dei Goti in dodici volumi di Cassiodoro, si limitano al passo del De origine actibusque Getarum di Jordanes che l’opera di Cassiodoro aveva avuto modo di consultarla per tre giorni e che riferisce della sepoltura di Alarico e del suo tesoro a Cosenza. Nella relazione, quindi, si parte da tre date (la morte di Alarico, 410 dopo Cristo, l’opera di Cassiodoro databile attorno al 470 e quella di Jordanes del 550) e dal passo dei Getica per individuare almeno «due riferimenti geografici importanti», annota il geologo: la sepoltura sarebbe avvenuta «nell’alveo del fiume Busento ai piedi di un monte» e comunque «in prossimità della città di Cosenza».

Il geologo spiega poi che «altro riferimento geografico importantissimo e rintracciabile con sufficiente precisione» è il percorso della Capua – Regium, utilizzato dai Goti per raggiungere Reggio Calabria. Il passaggio da Cosenza era «obbligato» poiché la città era una delle stazioni principali. «I Goti – annota il geologo – sono passati da Cosenza due volte, dirigendosi verso Reggio Calabria con Alarico e poi rientrando da Reggio Calabria verso Cosenza ma senza Alarico poiché morto durante il tragitto».

Da queste premesse, secondo la relazione tecnica, si partirà poi per un primo screening con strumenti di telerilevamento «su immagini multi spettrali (visibile, infrarosso, radar, lidar) ad alta risoluzione geometrica». Sulle aree che dovessero risultare significative si interverrà con una campagna di prospezioni geofisiche. «Le prospezioni geofisiche – spiega Rota – sono in grado di rilevare nel sottosuolo anomalie e geometrie dei corpi sepolti mediante l’invio di microonde con il geo-radar, di corrente elettrica con il geo-resistivimetro, attraverso la misura dell’intensità del campo magnetico locale con il geo-magnetometro».

A quel punto verranno prese in considerazione «anomalie significative compatibili con la geometria presunta della camera sepolcrale di Alarico», che si stima possa raggiungere una profondità compresa tra i 5 e i 7 metri. La quarta fase – con il via libera, si presume, della Sovrintendenza e l’intervento degli archeologi – sarà quella degli scavi veri e propri, anche se nei piani dell’amministrazione una prima attività di ricerca sul campo è stata già prevista e annunciata a Mendicino, tra le grotte degli Alimena. Per il resto i sondaggi riguarderanno le aree in cui le analisi geofisiche avranno rilevato eventuali dati significativi. Si scaverà, spiega il geologo «lungo la verticale intersecante le anomalie per intercettare l’eventuale giacimento archeologico sepolto ed analizzarlo in modo diretto».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE