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Un rapace rimasto vittima di un incendio sull'Alto Jonio cosentino

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Boschi devastati e biodiversità distrutta: la provincia di Cosenza paga un prezzo altissimo ai piromani

COSENZA – La pioggia che è caduta nel fine settimana ha dato ristoro alla terra calabrese martoriata dalle fiamme. Non ha potuto cancellarne le ferite. Gli incendi senza sosta che quest’estate non hanno dato tregua alla nostra regione ne hanno mutato il paesaggio. Anche il caratteristico odore della terra bagnata, che ogni temporale lascia, è stato diverso, più acre.

La Calabria in questi mesi è stata devastata. Ha pianto la perdita di vita umane. È successo a San Pietro in Guarano, dove ha perso la vita un operaio forestale in pensione, Mariano Pizzuti, sopraffatto dal fumo e dalle fiamme, mentre cercava di salvare la propria casa. A Cessaniti, nel vibonese, è morto un pensionato di 68 anni, Antonio Purita, anche lui nel tentativo di domare le fiamme. Qualche settimana prima la tragedia si era consumata a Zungri, dove una donna di 71 anni, Maria Cichello, era morta nell’incendio del suo uliveto.

Pagano un prezzo altissimo agricoltori e allevatori della nostra regione, che hanno visto coltivazioni andare in fumo e animali morire. I boschi calabresi sono stati sfregiati e servirà tempo, tantissimo tempo, per recuperare il volto familiare di colline e montagne.

La Coldiretti spiega che «ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi andati a fuoco con danni ad ambiente, economia, lavoro e turismo e un costo per la collettività stimabile in circa diecimila euro all’ettaro percorso dalle fiamme».

E per ogni ettaro di macchia mediterranea bruciato – sono sempre stime Coldiretti – sono morti in media 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili: una devastante perdita di biodiversità. Le fotografie raccolte in queste pagine testimoniano gli effetti del fuoco di queste settimane sul paesaggio della provincia di Cosenza, la più colpita dagli incendi, con oltre 2.500 roghi e un aumento dell’85 per cento rispetto allo stesso perioro dello scorso anno. Sono immagini che arrivano dalla città capoluogo, dalle Serre cosentine, dal Savuto, da Mormanno, da Longobucco e dalla Sila, dall’Alto Jonio e che non sono per nulla esaustive: in tutta la provincia le fiamme hanno percorso oltre 400 chilometri quadrati, secondo i numeri forniti sabato dal capo della Protezione civile regionale, Carlo Tansi. Colpiti duramente anche i comuni di Rose, Acri, Morano.

Queste immagini, poi, raccontano anche un’esperienza condivisa da molti calabresi in queste ore.

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È l’esperienza di ogni mattina, quando ci si affaccia dalla finestra di casa o si percorre la strada che separa dal luogo di lavoro. Dal ciglio della strada ai monti della Sila, dai terreni che costeggiano i binari alle colline, quando il fumo si dirada e le fiamme si spengono lo scenario che ci si presenta davanti a volte è quasi postbellico. Interi versanti anneriti, alberi carbonizzati e vegetazione ridotta in cenere restituiscono un’immagine di morte. Sono anche più fragili oggi quei versanti, all’arrivo delle prime piogge autunnali.

Tra i danni che il fuoco ha portato con sé c’è l’aumento del rischio frane, perché un suolo nudo è più esposto all’erosione e perché gli incendi hanno distrutto quel complesso equilibrio garantito dalla macchia mediterranea. Ed è qui ora che bisognerà intervenire.

(hanno collaborato Pasquale Bria, Pietro Carbone, Adriano Guarascio, Francesco Madeo, Franco Maurella, Antonio Iannicelli, Giusy Patera)

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