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Il sagrato della chiesa di Joggi che ospita i concerti (foto pubblicata sul profilo Facebook del festival)

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COSENZA – Dopo 22 anni di ininterrotta attività lo Joggi Avant Folk Festival si ferma. Lo hanno annunciato i membri dell’associazione culturale che sta dietro la storica rassegna musicale e culturale di Santa Caterina Albanese.

«Purtroppo – scrivono – dopo tante discussioni fatte, ci rendiamo conto di non essere nelle condizioni di poter garantire, anche in una versione più ridotta, il rispetto delle disposizioni previste dalle leggi per prevenire il contagio. Per noi che abbiamo a cuore la vicinanza fisica e corporea, la mescolanza, gli ingressi liberi, diventa davvero difficile».

«È una decisione che prendiamo davvero a malincuore – ammettono gli organizzatori – perché pensiamo che in tutti questi anni abbiamo fatto la nostra piccola parte nel riuscire a fare o a mettere su qualcosa di buono in questa nostra regione sempre più depredata, martoriata e vessata. Una regione di emigrazione e sfruttamento, ferita da decenni di tagli e di gestione politica senza scrupoli, alla sanità, alla scuola, alla cura e al rispetto del territorio».

«Ci fermiamo – concludono – perché pensiamo che proprio in questo momento cosi particolare è necessario attrezzarsi e immaginare nuovi orizzonti, fatti di pensieri e idee nuove, senza dimenticare tutto quello che è successo in questi ultimi mesi. Abbiamo sempre inteso il nostro festival come un rito sensuale e comunitario capace di immunizzare le paure, a cominciare dalle nostre, legate ai nostri luoghi e quindi allo spopolamento e all’abbandono, fino a trasformale in amore per gli altri, per il diverso e per il prossimo. È con questa convinzione che vogliamo continuare ad andare avanti in modo da rendere la nostra esperienza ancora più forte, ancora più piacevole e come sempre colorata e ribelle!! Cogliamo l’occasione per esprimere la nostra vicinanza a tutti i lavoratori e le lavoratrici intermittenti e precari dello spettacolo e della cultura, al momento drammatico che stanno vivendo in quanto parte di un settore completamente privo di tutele e di diritti».

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