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COSENZA – Sulle intimidazioni di un cyberbullo si può anche sorvolare, ma nessuna pietà se il bullo in questione è pure fascista. Sono anche queste le ragioni che a settembre del 2017 inducono Laura Boldrini a denunciare il cosentino Vittorio Boschelli, reo di aver pubblicato in rete, un mese prima, un post decisamente minatorio nei confronti dell’allora presidente della Camera. Due anni e mezzo più tardi, l’uomo si ritrova alla sbarra per minacce aggravate poiché rivolte alla terza carica dello Stato.

L’udienza di ieri ha fatto registrare la comparsata in aula della stessa Boldrini che, a mezzogiorno in punto, accompagnata dalla scorta e dai suoi avvocati Luca Fiorita e Caterina Flick – figlia dell’ex ministro Giovanni Maria – si è presentata nel tribunale di Cosenza per essere sentita come parte offesa nel processo. “Vado spesso nelle scuole per incitare i ragazzi a denunciare i bulli e non far passare sotto silenzio i loro soprusi – ha dichiarato l’ex deputata di Liberi e Uguali transitata oggi nel Pd – ma proprio io che sono la più bullizzata di tutti, che faccio, non denuncio? Inizialmente ho deciso di soprassedere nel timore che venisse interpretato come un abuso di potere, ma verso la fine del mio mandato ho cambiato idea”.

E così, il 14 agosto di quell’anno, lo staff della Boldrini annuncia, via internet, l’intenzione di querelare i naviganti ostili che già da tempo assediano le sue pagine social. “In particolare la galassia dell’estrema destra che ce l’ha con me dai tempi della mia visita alla sinagoga di Roma, nel 2013”. Fra i primi a commentare il suo proclama c’è proprio Boschelli che, di lì a poco, si immolerà sull’altare di tutti gli odiatori, diventando anche il loro martire.

“Comincia da me – l’ammonisce il futuro imputato – ma sappi che noi t’impiccheremo in piazza”. Detto fatto, almeno per ciò che concerne la querela preceduta, però, da una piccola indagine privata svolta dalla Boldrini e dai suoi collaboratori sul conto del 58enne cosentino. Non a caso, ieri la Flick ha depositato agli atti un articolo dell’Espresso che, a dicembre del 2017, passava al microscopio le pagine facebook dei fascisti virtuali che affollano la rete. Tra gli altri si cita anche Boschelli, indicato come fondatore – e probabilmente unico iscritto e militante, ndr – del cosiddetto Fronte destra popolare per arrivare poi a qualificarlo come “ordinovista”. Addirittura. “Ho pensato che non fosse uno come tanti che agiva per rabbia o frustrazione. Lui ha un’agenda politica, è un ideologo. E poi parlava al plurale. L’utilizzo di quel “Noi” mi ha determinato ad agire di conseguenza” ha aggiunto la parlamentare, precisando di considerare la vicenda giudiziaria come una sorta “di class action per conto di tutte quelle persone che sono bullizzate ma che non hanno strumenti per difendersi”.

In aula c’era anche la difesa che, puntando sul carattere isolato delle minacce – al post incriminato non ne sono seguiti altri – ha chiesto alla Boldrini la disponibilità a ritirare la querela. “Perché dovrei farlo?” è la risposta che ha fatto calare il sipario sul processo.

Prossima udienza il 16 settembre.

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