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Il municipio di Castrolibero

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COSENZA – Si chiude con quattro condanne e cinque assoluzioni il processo a carico del gruppo Rango-Zingari (già Bella Bella) accusato di aver influenzato, a più riprese, l’esito delle elezioni comunali di Castrolibero, favorendo la vittoria dell’allora sindaco Orlandino Greco e del suo ex braccio destro Aldo Figliuzzi.

Proprio i due politici sono tuttora sotto processo con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e corruzione elettorale, ma mentre loro hanno scelto il dibattimento gli altri hanno risolto la partita giudiziaria in abbreviato.

L’inchiesta dell’Antimafia su  Greco e Figliuzzi trae origine dalle dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia – ai quali più di recente se n’è aggiunto un settimo, Luciano Impieri – quattro dei quali figurano tra gli odierni imputati. Si tratta di Adolfo, Ernesto Foggetti e Marco Massaro per i quali la Dda aveva chiesto tre anni e sei mesi di pena ciascuno, ma il verdetto del Tribunale è stato di gran lunga più mite: cinque mesi e dieci giorni per Adolfo Foggetti, sei mesi per gli altri due. L’aspetto più interessante è che nessuno di loro è stato condannato per voto di scambio dal momento che all’epoca dei fatti – correva l’anno 2008 – tale fattispecie di reato non esisteva ancora. Il gup, dunque, lo ha riqualificato in quello contemplato dal vecchio codice, ovvero minacce agli elettori. È la stessa accusa che gravava sul capo di Mario Esposito, destinatario della pena più severa – cinque anni di reclusione – perché chiamato a rispondere anche di associazione mafiosa. Anche lui, insomma, è stato riconosciuto in via giudiziaria e provvisoria come affiliato del clan Rango-Zingari, ma rispetto ai desiderata della Dda di Catanzaro rischiava un anno di condanna in più.

Le motivazioni del verdetto saranno rese note fra novanta giorni, solo allora sapremo se e come questa sentenza influirà sul processo che riguarda Greco e Figliuzzi.

Per il resto assoluzioni, dicevamo. Anzitutto quella di un altro collaboratore di giustizia, Roberto Calabrese Violetta (un anno e sei mesi la richiesta di condanna confezionata per lui), e poi Marco Foggetti (rischiava quattro anni e otto mesi) e Alessandro Esposito (sei anni e quattro mesi la richiesta). 

Nell’indagine, poi, i due politici figurano anche nelle vesti di parti offese. Più precisamente: vittime di estorsione. A loro, infatti, si sarebbero rivolti nel 2008 Giuseppe Prosperoso e Fabio Bruni, un fratello del boss, per ottenere diecimila euro o, in alternativa, un trattamento privilegiato nell’assegnazione degli appalti comunali. A carico di Bruni, il pubblico ministero aveva chiesto sei anni e due mesi di carcere, cinque anni e dieci mesi la punizione invocata per il suo presunto complice. Entrambi, però, sono stati assolti per non aver commesso il fatto.

Tornando a Greco e Figliuzzi, tra il 2015 e il 2018 la Dda aveva chiesto per tre volte il loro arresto, incassando però altrettanti rifiuti dai giudici interpellati – gip, Riesame e Cassazione – che, a turno, avevano evidenziato l’assenza di «riscontri individualizzanti» alle chiamate in causa dei pentiti, pur riconoscendo l’esistenza di elementi «di forte sospetto» in merito ai rapporti tra Greco e Figliuzzi con  la malavita. Gli  imputati erano difesi  dai legali Rossana Cribari, Giorgia Medaglia, Luca Acciardi, Antonio Gerace e Nicola Rendace. I collaboratori di giustizia, invece, erano rappresentati da un collegio difensivo composto dagli avvocati Francesca Garzia, Karen Garrini, Maria Rosaria Gabriele ed Emanuela Capparelli.

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