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Il carcere di Paola

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PAOLA (COSENZA) – Un detenuto ha tentato di uccidersi, nella notte tra giovedì e venerdì, nella casa circondariale di Paola dove si trovava per in esecuzione della pena cui era sottoposto.

L’uomo, però, è stato salvato dal tempestivo intervento degli Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio a darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

Il segretario generale, Donato Capece, ha evidenziato come, ancora una volta, «è solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del Sappe per quello che fanno ogni giorno, se il numero delle tragedie in carcere è fortunatamente contenuto. È evidente a tutti che è necessario intervenire con urgenza per fronteggiare le costanti criticità penitenziarie. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio e il tentato suicidio di un detenuto rappresentano un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti». 

Sull’episodio Capece ha spiegato che «durante un giro di ispezione e controllo, l’agente di Polizia Penitenziaria di sezione ha trovato riverso a terra nella sua cella un detenuto di origine araba con stretto al collo un laccio il quale stava soffocando quasi privo di sensi: immediati sono stati i soccorsi del personale operante e della sorveglianza generale. Una volta arrivati hanno trovato scritto in arabo che in italiano un bigliettino con su la scritta mamma perdonami del gesto che ho fatto. Per fortuna, il tempestivo intervento del poliziotto di servizio, supportato anche da altri colleghi, ha evitato la tragedia. A loro va il nostro plauso».

Il Sappe ha, inoltre, ricordato che nel primo semestre del 2020 è già stato sventato a Paola il suicidio di un detenuto mentre 18 sono stati gli atti di autolesionismo. Un numero cresciuto in maniera esponenziale, se si considera che nell’intero 2019 i tentati suicidi furono complessivamente 2 e gli atti di autolesionismo 16.

Per Capece «l’ennesimo tentato suicidio di una persona detenuta, per fortuna sventato in tempo dalla professionalità ed attenzione dei poliziotti, dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 170mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze».

Ma ha aggiunto anche la denuncia che «quel che è accaduto a Paola ci ricorda per l’ennesima volta quanto sia difficile lavorare in un penitenziario. Da tempo il Sappe denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali».

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