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Un ammalato in un reparto Covid. Nel riquadro Sabino Peccatiello

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PAOLA (COSENZA) – E’ deceduto a Bologna, all’età di 61 anni, Sabino Peccatiello, già affiliato alla ‘ndrangheta, ex killer della cosca Serpa di Paola, primo collaboratore di giustizia della costa tirrenica cosentina.

Peccatiello, nato a Caposele, in provincia di Avellino, il 29 settembre del 1960, è deceduto nella città emiliana, dove viveva ormai da tempo, dopo aver regolato i conti con la giustizia. La notizia, risalente alla seconda ondata della pandemia covid, è giunta solo ieri a Paola, realtà dove Peccatiello si era fatto conoscere per la sua ferocia criminale. Il 61enne era intubato da un mese a causa del covid e non ce l’ha fatta.

Nato e cresciuto nella Marina di Paola, in una piccola abitazione di via San Leonardo, Peccatiello era stato arruolato dallo storico boss Mario Serpa nella sua banda armata, protagonista, negli anni ’90, di decine di morti ammazzati, agguati, regolamenti di conti di ogni tipo e, soprattutto, di un potere fatto di violenze e sopraffazione a danno degli esercenti commerciali mai visto prima. Pagavano tutti, in quel tempo, a Paola, finanche i professionisti. E se lo Stato provava ad alzare il tiro, scattavano le pistolettate contro il Commissariato e le auto bruciate a danno di poliziotti e carabinieri. Poi è finita anche per loro, i componenti della storica banda Serpa, smantellata e oggi sostituita dall’omonimo clan e poi dalla cosca Serpa-Bruni.

Peccatiello, uomo di fiducia di Mario Serpa, fu reo confesso dell’omicidio di Luigi Gravina, il meccanico che si rifiutò di pagare la tangente all’organizzazione criminale, facendo arrestare i suoi estortori. Subito dopo l’agguato mortale, consumato in via Nazionale nella serata del 25 marzo 1982, una segnalazione anonima ricevuta dalle forze dell’ordine nella immediatezza del fatto, evidenziava che tre persone si erano rifugiate nell’abitazione della madre del boss Mario Serpa. Si intensificavano subito le ricerche di Sabino Peccatiello, non trovato in quel frangente nella sua abitazione. Rintracciato nella tarda serata del 25 marzo, costui giustificava i propri spostamenti in quel giorno, precisando di essersi portato presso l’abitazione di un altro pregiudicato del luogo e di essere, poi, stato in compagnia di Giovanni Imbroinise (‘ndranghetista deceduto alcuni anni addietro).

A seguito, però, delle contestazioni mossegli, il Peccatiello aveva ammesso i propri addebiti, indicando i luoghi in cui erano state nascoste le armi della banda ed in particolare quelle utilizzate per commettere l’omicidio.

Aveva dentificato i suoi complici, con i quali aveva ucciso il Gravina, e aveva deciso, infine, di collaborare con la giustizia, riferendo tutto quanto era a sua conoscenza sulla attività criminosa dell’associazione a delinquere, cui aveva aderito.

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