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L'auto bruciata dove è stato rinvenuto il corpo di Arcuri

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SCALEA (COSENZA) – “Morire a ventiquattro anni bruciato nella sua auto, con modalità mafiose e non si sa perché. E’ il problema che si sono posti in tanti a Scalea quando la notizia della presunta morte di Salvatore Arcuri ha riempito ogni vicolo ed ogni strada della cittadina con una rapidità impressionante. Chi conosceva la probabile vittima, di cui non si hanno notizie ormai da più di 24 ore, sa che era un giovane tranquillo e che frequentava persone senza grilli per la testa”. Questo scrivevamo esattamente 20 anni fa.

Un omicidio rimasto purtroppo irrisolto. C’è chi non si è mai rassegnato. C’è chi ha voluto cercare di andare in fondo, ma si è scontrato contro un muro di gomma. Pochi elementi, poche certezze, nessun atto ufficiale, un “caso” archiviato. L’ipotesi fatta già nei primi giorni raccontava che Salvatore Arcuri sarebbe stato trasportato da gente forse a lui conosciuta fino al luogo del delitto. Una zona isolata, nascosta dalla folta vegetazione, dove non sono stati trovati segni di colluttazione.

A bordo della Golf blu in uso alla vittima, forse altre tre persone, giunte in quel luogo molto nascosto della periferia a sud di Scalea. L’auto ha attraversato parte della statale 18, poco prima di una stazione di servizio ha svoltato a destra ed ha percorso circa un chilometro su una strada che è al limite della spiaggia e confina con un folto canneto. Nei pressi del fiume Lao. Lì c’era un parcheggio sterrato ricavato tra i canneti. Ed è in quel luogo che probabilmente è avvenuto l’omicidio.

Il cadavere, consumato dalle fiamme, è stato trovato riverso su un fianco nel sedile posteriore dell’auto. Le fiamme sono state viste da alcuni passanti intorno alle 22.30 dell’11 ottobre del 2001, ma nessuno ha fatto caso su quanto stava avvenendo in quel luogo, nessuna segnalazione. Sono stati i familiari che non vedendo rientrare a casa la giovane vittima hanno segnalato ai carabinieri la scomparsa.

Il giorno successivo, la triste e tragica scoperta. Il fratello Stefano ha più volte richiamato l’attenzione sul caso rimasto irrisolto. Sono state promosse, anche manifestazioni pubbliche. Ma sul grave delitto è calata la nebbia e, forse, mai nessuno saprà ufficialmente cosa è successo quella notte. Un caso rimasto irrisolto a tal punto che la madre Rosalia ha sofferto così tanto, fino alla morte.

Un delitto di tale efferatezza forse non si era mai verificato prima a Scalea. Un “tribunale sommario” organizzato da ignoti tra la fitta vegetazione ha deciso che quel giovane non doveva più vivere. Ufficialmente non si è mai arrivati a capo della storia, non si è mai riuscita a capire la motivazione che ha portato a così tanta violenza. Verità e giustizia che non sono mai arrivate.

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