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BRESCIA – Oggi è tra le personalità scientifiche più intervistate per le sue competenze in materia di virus e, nello specifico attuale, di Covid-19 ovvero di Coronavirus. Il professore Arnaldo Caruso, calabrese doc, è il presidente della Società italiana di virologia, oltre che Ordinario di microbiologia presso il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Brescia e Direttore del laboratorio di microbiologia e virologia degli Spedali Civili di Brescia dove vive ed opera professionalmente. Di recente è tornato nella sua Cosenza in occasione della presentazione del suo libro, a Villa Rendano, “Come Dei in Terra” pubblicato per i tipi di Luigi Pellegrini Editore. Un volume che tratteggia la sua vocazione letteraria e la passione per la storia e l’archeologia trattando il volume del Mito dell’antica Sibarys e della Magna Grecia.

Arnaldo Caruso non si è sottratto all’intervista quando ha sentito che a proporgliela era il Quotidiano del Sud, a cui affida la sua competenza scientifica per meglio comprendere come affrontare il virus del Covid-19.

Il dottor Arnaldo Caruso

Cosa ne pensa del patrimonio medico calabrese per affrontare eventuali epidemie di Coronavirus, considerando che Antonio Belcastro, direttore generale del Dipartimento Sanità regionale ha censito 107 posti letto in rianimazione; 78 di pneumologia e 80 per gli infettivi.

«Se i casi isolati restano solo due (tre allo stato attuale ndr), non dovrebbero esserci problemi. La sanità calabrese con numeri così piccoli ma anche superiori, non dovrebbe avere problemi. Se invece l’infezione dovesse assumere dimensioni più alte, come focolai che stiamo vedendo in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna, a quel punto la situazione sarebbe certamente drammatica. Comunque credo che con questi numeri siamo tranquilli, cioè possiamo sicuramente fronteggiare anche una piccola emergenza».

La Calabria non ha sinora sviluppato alcun ceppo autoctono del virus. Gli unici casi positivi, quello del dializzato di Cetraro, il caso di Catanzaro e quello di Reggio appartengono a tre persone provenienti rispettivamente dal Lodigiano, dal Trentino e da Udine. E’ un buon segnala per la Calabria?

«Potrebbe essere un buon segnale. Teniamo presente però, che il virus circola in maniera anche asintomatica o pauci sintomatica, ovvero con pochi sintomi e i pazienti possono in qualche modo pensare di avere una banale influenza, un raffreddore e continuare a fare la vita comune di sempre. Per cui potremmo, al momento, sicuramente pensare che il virus stia circolando ma non stia colpendo persone fragili. E questa risposta sul domani ce la daranno i prossimi giorni, le prossime settimane perché se questo è vero e cominciamo ad assistere ad un peggioramento chimico di un ingente numero di persone, allora a quel punto il virus ha circolato in maniera silente. Altrimenti possiamo considerarci fortunati perché quei due casi di importazione son finitivi e tutto si è risolto nel niente. Certo non bisogna mai, mai, abbassare la guardia ed essere noi cittadini con il nostro senso civico, in questi momenti, a proteggerci. Se noi diamo una mano alla sanità, la Sanità ne risentirà, in seguito, in maniera benefica».

A proposito di proteggersi, lei in una intervista rilasciata alla Stampa di Torino, aveva auspicato la chiusura di scuole e università in tutta Italia. Il Governo pare l’abbia ascoltato e le scuole resteranno chiuse fino al 15 marzo. Lo ritiene un provvedimento sufficiente ad arginare il contagio?

«Meglio tardi che mai. E’ stata una scelta coraggiosa, importante. Perché in queste settimane critiche noi sapremo se il virus aumenta in maniera esponenziale, anche in quelli che sono piccolissimi focolai, oltre che nelle aree in cui già si sta spandendo a macchia d’olio oppure, complice la bella stagione o un colpo di fortuna per tutti noi, si ferma. Se si ferma, questo provvedimento che è temporaneo e non definitivo, risulterà importantissimo perché tirerà via da luoghi di assembramento persone potenzialmente infettabili. Parlo specialmente degli atenei dove c’è un via – vai di gente da più parti, non solo della regione ma anche da fuori regione. Anche le scuole chiuse servono a proteggere i nostri bambini ma quello è ovvio. Dove c’è assembramento dobbiamo cercare di evitare lo stare insieme. Quindi le scuole, al momento, sono non un reale pericolo. Si poteva anche derogare questo a singoli casi: per esempio in Calabria non c’era necessità di chiudere le scuole, almeno dappertutto, però il problema è di tipo generale, cioè se dobbiamo sconfiggere questo virus, dobbiamo farlo tutti e allora togliamo ogni possibilità di assembramento e se lo facciamo, in questo piccolo momento in cui si gioca il nostro futuro per quanto riguarda l’infezione bene, tutto si risolve e torniamo quasi alla normalità; niente è risolto e tutto peggiora, ben venga la chiusura delle scuole e forse qualcosa di ancora più drastico».

In Calabria sono state allestite 20 tende mediche nei perimetri ospedalieri, per il triage preliminare e per evitare contatti con i pronto soccorso e altri reparti. Un aspetto certamente positivo inficiato però dalla carenza di medici ed infermieri. Quindi ci sono le strutture ma mancano i professionisti specificamente addetti al triage preventivo.

«Concordo. Ci vogliono persone molto esperte nelle tende mediche: cioè infermieri specializzati, infettivologi oppure medici di pronto soccorso. Non si può improvvisare qualsivoglia medico ma occorre fare questo mestiere. Anche perché si rischia poca attenzione e vediamo tanti sanitari, tanti medici che si sono infettati in aree dove il contagio è esploso. Pertanto, non solo ci vuole esperienza nel capire chi veramente può avere l’infezione e quindi necessita di un tampone, di un accertamento ulteriore e chi può essere mandato via a casa. Ci vuole, anche, molta accortezza nel ricevere queste persone; ci vuole personale esperto altrimenti si rischia che quel momento di sanità diventi un momento di contagio».

La notizia del giorno è il boom di guarigioni. Come interpretare questo segnale?

«Significa che tante persone che avevano sintomi minori, ricoverate per una assistenza maggiore rispetto al domicilio e sono andate via perché non erano gravi. Quando abbiamo fasi in rianimazione, perché si possano tirar via da li, c’è bisogno di settimane. A noi preoccupano tanti nuovi casi perché in maniera esponenziale meritano di più in questo momento di infetti che non di quelli che escono. Fin quando questo trend non si inverte e, quindi, il virus non mostra una curva discendente di infezione e quindi anche di malattia, non possiamo stare tranquilli. Quindi è ovvio che molti guariranno, ma è anche ovvio che guariranno nel tempo ed i posti letto sono occupati. Se il virus continua a fare infetti e malati, l’emergenza è quella di fare ospedali dedicati a questo virus, a questi pazienti meno gravi. In Piemonte il primo “Covid Hospital” è stato inaugurato mercoledì e non è escluso che questi covid hospital saranno la necessità nelle aree in cui ormai l’epidemia è esplosa. Quindi aspettiamoci che molti guariranno ma speriamo anche in una tendenza alla diminuzione degli infettati e dei malati, perché senza questo il fatto che la gente guarisca è certamente un buon segno ma non risolve il problema».

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