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Un intervento chirurgico

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COSENZA – Nonostante la pioggia di ordinanze in ambito sanitario si resta ancora con dubbi in un certo senso atroci. L’ordinanza 35 in sostanza ha dato il via libera dal 27 aprile scorso il via libera alle strutture private accreditati di effettuare prestazioni di specialistica ambulatoriale. Ma lascia tutto al caso e con poca chiarezza i cosiddetti ambiti di intervento. Se da un lato le prescrizioni molto restrittive per evitare il contagio (tra le tante il distanziamento in sala d’attesa e il controllo delle autocertificazioni dei pazienti) dovrebbero funzionare come “deterrente” per possibili accessi spontanei, dall’altra restano le perplessità iniziali.

Attualmente in ambito sanitario, nonostante le ordinanze quasi “liberatorie” sul fronte della vita quotidiana, restano appesi gli interventi chirurgici d’elezione, quelli in sostanza “differibili”, vale a dire rinviabili. Ma chi lo decide? L’ordinanza della regione resta piuttosto vaga, nonostante due postille di chiarimento applicate alla stessa ordinanza.

Allo stato attuale, sia nel pubblico che nel privato, si può intervenire chirurgicamente solo in caso di urgenza vera e propria. Eppure in mezzo a questa “forma” c’è una galassia di situazioni più o meno al limite che a questo punto dovrebbero essere discrezione dello stesso dottore o della direzione sanitaria della struttura. Come considerare un paziente allettato da inizio emergenza per un problema cronico? Dopo tutto questo tempo può ancora considerarsi un caso “differibile” o diventa urgente? C’è chi a partire da domani comincerà a muoversi in tal senso, nonostante ancora si sia in attesa di un chiarimento ultimo e decisivo.

Da una parte il pubblico è chiamato a gestire il meno possibile la routine, dall’altra al privato viene chiesto di badare a tutta la specialistica ambulatoriale. In mezzo ci stanno ovviamente i pazienti. Pochi giorni fa l’Aiop guidata dal presidente Enzo Paolini ha messo nero su bianco la richiesta di un confronto proprio su questa “zona grigia” che, lo ripetiamo, riguarda in primis la salute dei cittadini.

«Limitare l’attività ospedaliera alle urgenze indifferibili – nel momento in cui si ritiene possibile attenuare le rigide misure sino ad oggi vigenti e consentire spostamenti ed accessi per altri motivi – appare non più in linea con l’obbligo di tutela delle esigenze di cura ed assistenza che i cittadini richiedono ed a cui hanno diritto. Com’è a tutti noto la mancata prevenzione o la carente tempestività delle cure – ripeto, sino ad ora giustificata, condivisa e determinata dal blocco totale di attività comportanti contiguità fisica – produce ingravescenza o insorgenza di stati patologici che, fatalmente, incrementa l’indice di morbilità e produce disagi ulteriori, l’aumento di liste d’attesa e costi aggiuntivi per la comunità. sembra asimmetrico, per così dire, consentire al cittadino calabrese di recarsi nei pressi di una pizzeria per consumare una capricciosa oppure di raggiungere un cantiere nautico per stendere l’antivegetativo al motoscafo, ma non di andare in una struttura ospedaliera accreditata con il Ssn, dotata di tutti i presidi di sicurezza, e sottoporsi alla operazione, ad esempio, di protesi di ginocchio in una sala operatoria sterile in condizioni protette da ogni punto di vista».

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