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CETRARO (COSENZA) – Il direttore dell’ospedale spoke Paola-Cetraro, Vincenzo Cesareo, ripercorre la vicenda del dializzato giunto dal lodigiano e risultato positivo al coronavirus. «Lunedì 24 febbraio venivo messo al corrente dal servizio di Emodialisi che il paziente, che vive al nord, aveva fatto richiesta di dializzare a Cetraro 20 giorni prima (e per due settimane). Era giunto qui domenica 23 ed aveva telefonato sostenendo che l’indomani si sarebbe presentato per l’esecuzione della dialisi. Mi si aggiungeva che, detto paziente, la terapia dialitica la faceva a Casal Pusterlengo, uno dei centri dove è maggiormente presente il focolaio del coronavirus. Invitavo, pertanto, il centro di Emodialisi di Cetraro a contattare immediatamente il paziente dicendogli di non muoversi per alcun motivo dalla propria abitazione e di non stare a contatto con altre persone fino a nostre disposizioni», spiega Cesareo, che si è recato urgentemente a Cosenza presso il risk management dell’Asp dove ha partecipato ad una riunione già programmata proprio per il problema legato alla prevenzione dal virus.

«Ho esposto il caso alla riunione e, subito dopo, mi sono recato in Prefettura dove c’era una riunione del Comitato della Sicurezza alla quale partecipavano chiaramente il Prefetto, il questore, il comandante provinciale dei Cc, la protezione civile, la cosiddetta task force dell’Asp di Cosenza che ho cercato di contattare inutilmente per oltre 3 ore così come il famoso numero 1500 messo a disposizione dal ministero della salute, il 118, il sindaco di Cosenza, il presidente della Provincia, i rappresentanti dei medici di famiglia e, non ultimo, il presidente dell’ordine dei medici di Cosenza», sottolinea il dirigente medico. In quella riunione Cesareo ha esposto il caso, sottolineandone «la gravità di eventuale contagio visto che aveva viaggiato in autobus, invitandoli ad agire con immediatezza».

Solo martedì giungevano alla Emodialisi di Cetraro i kit necessari per la protezione degli operatori sanitari. «Fatto il primo prelievo ed inviato alla virologia di Cosenza – riprende il racconto – questa ci notificava che il kit con il quale si era provveduto a fare l’esame non era idoneo, per cui il “118” giovedì ne portava un altro e veniva re-inviato il tutto alla virologia. Martedì il paziente veniva dializzato in sicurezza2, visto che si era preventivamente individuato un percorso alternativo ed una camera predisposta per la dialisi».

Cesareo si giustifica: «Non potevamo non far dializzare il paziente per non renderci colpevoli di omicidio volontario e non era certamente compito dell’ospedale di Cetraro rifiutarlo, invitandolo a tornarsene nella sua residenza al nord. Semmai, erano i sanitari ed i familiari dello stesso paziente a non limitarsi a sconsigliarlo dallo scendere in Calabria, i quali avrebbero dovuto avvisare le autorità preposte per impedirne l’arrivo, visto che già l 22 febbraio erano stati costituiti i cordoni per impedire fuga ed accesso nei comuni della cintura rossa del lodigiano. Solo grazie alle precauzioni prese, il centro di Emodialisi non è diventato un focolaio. Per cui se non ci fosse stato un eccesso di zelo nel richiedere insistentemente l’esame, oggi avremmo dovuto mettere i quarantena locali ed operatori sanitari dell’Emodialisi».

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