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MILANO – C’è anche Cosenza tra le città toccate dall’inchiesta della Guardia di Finanza di Torino e che ha visto la nascita di un vero e proprio “Coronavirus Shop”. Almeno questo è il nome riportato in uno dei tanti siti individuati che ponevano in vendita migliaia di articoli, spacciati come “antidoti” contro il virus, venduti a prezzi folli.

Ionizzatori d’ambiente, mascherine, tute, guanti protettivi, prodotti igienizzanti, occhiali, kit vari, facciali filtranti, copri-sanitari, integratori alimentari. Insomma, di tutto un po’, il cui utilizzo da parte dei consumatori, almeno questo è quello che è stato ingannevolmente pubblicizzato dai venditori, poteva garantire l’immunità totale dal COVID-19. Salgono così a 33 in pochi giorni i truffatori del web che per la vendita per ogni singolo articolo, secondo quanto emerso, hanno raggiunto le migliaia di euro.

I finanzieri del gruppo Pronto impiego Torino, coordinati dai magistrati Vincenzo Pacileo e Alessandro Aghemo della procura torinese, sono riusciti a identificare altri 14 imprenditori, tutti italiani, responsabili di frode in commercio. Rischiano ora fino a 2 anni di reclusione.

“Sul punto – sottolinea la Gdf – si pone in evidenza il fatto che le autorità sanitarie sono state ripetutamente chiare nel lanciare i messaggi alla collettività sulle modalità di utilizzo, sulla tipologia e sull’effettiva protezione degli articoli sanitari che in ogni caso devono esser associati ad un corretto stile di vita dal punto di vista igienico-sanitario, senza sottolinearne inesistenti effetti ‘miracolistici'”.

La frode scoperta dalla guardia di finanza torinese riguarda tutto il territorio nazionale. Ferramenta, commercianti di detersivi, autoricambi, coltivatori diretti e allevatori di bestiame, venditori porta a porta, profumerie: queste le attività dei “furbetti del web”. Torino, Cosenza, Napoli, Foggia, Rimini, Salerno, Caserta, Modena, Cagliari, Campobasso, Mantova e Macerata, invece, le province coinvolte nell’operazione.

I finanzieri, chiudendo il cerchio intorno a questa prima fase investigativa, hanno inoltre segnalato all’autorità giudiziaria, le 16 società coinvolte per la responsabilità amministrativa derivante dalla commissione dei reati, violazioni queste, che prevedono sanzioni e pene severissime; si va dalle sanzioni pecuniarie, alla confisca del profitto ottenuto, alla revoca delle licenze, sino al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

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