X
<
>

Enza Bruno Bossio

Condividi:
6 minuti per la lettura

COSENZA – È stata fra i primi, avanzando più di una perplessità, a commentare lo scioglimento dei cinque consigli comunali calabresi per infiltrazioni mafiose. Del garantismo fa una delle sue cifre politiche, al punto da aver scritto nella biografia postata sul suo blog «vittima di Why Not». Enza Bruno Bossio è parlamentare del Pd e componente della commissione Antimafia. «Non è un caso – ci dice – che la discussione sulla legge sullo scioglimento dei comuni sia così forte e debbo dirle che ne sono anche contenta».

SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SUGLI SCIOGLIMENTI
DEI CONSIGLI COMUNALI PER INFILTRAZIONI MAFIOSE

Perchè è contenta?

«Perchè sin dall’inizio della legislatura, quando sono entrata nella commissione Antimafia mi ero posta il problema dei limiti delle norme in materia. Questi limiti mi sono apparsi ancora più evidenti quando siamo stati in audizione a Reggio Calabria. Lì abbiamo notato che il commissariamento non aveva cambiato granchè. I dirigenti e i funzionari che avevano, diciamo così, contribuito allo scioglimento erano ancora lì perchè il Comune, fra le altre cose, non aveva i soldi per assumerne altri».

LEGGI IL CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE DELL’ON. NICOLA MORRA

C’è anche il problema che licenziare un dirigente di una Pubblica amministrazione è quasi impossibile…

«Forse toglierei il quasi. Invece un intero consiglio comunale, democraticamente eletto, se ne va a casa non sulla base di un’indagine, un processo o una sentenza, bensì ad un semplice atto amministrativo. Questo è tanto più vero se consideriamo che contro quell’atto poi ci si può appellare al Tar o al Consiglio di Stato per farlo annullare. Penso a quanto accaduto ad Amantea. Il consiglio comunale venne sciolto e l’allora sindaco vinse poi dinanzi al Tar al punto che lo Stato dovette pagare un risarcimento di circa due milioni di euro».

LEGGI L’EDITORIALE DEL DIRETTORE ROCCO VALENTI
SUL SISTEMA DI SCIOGLIMENTO DEI CONSIGLI COMUNALI
PER INFILTRAZIONI MAFIOSE

Un po’ come chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi. Intanto a lungo quel sindaco e quella amministrazione si sono visti affibbiare la patente di mafiosità…

«Vero, ma le posso fare anche un altro esempio che dimostra l’inefficacia della legge. Siamo andati a Limbadi come Antimafia, abbiamo fatto una iniziativa molto forte. Dopo qualche tempo il sindaco si è dimesso e ne è stato eletto un altro che è un vero e proprio simbolo della lotta alla mafia. Eppure quell’amministrazione comunale è stata sciolta per questioni legate al passato e potrei continuare con gli esempi».

(LEGGI LA NOTIZIA SULLO SCIOGLIMENTO
DI 5 CONSIGLI COMUNALI TRA CUI LAMEZIA TERME
)

E allora lei cosa propone?

«Propongo di difendere le nostre istituzioni non con provvedimenti di facciata che salvano le nostre coscienze, ma con strumenti efficaci. Sto seguendo il dibattito che avete aperto e tendenzialmente sono d’accordo con Nico D’Ascola, che è presidente della commissione Giustizia del Senato, quando parla di corto circuito creato da provvedimenti amministrativi che lambiscono o incidono nell’immaginario collettivo sulla sfera penale. Personalmente sto finendo di elaborare una proposta di legge che depositerò probabilmente come mero atto politico, come testimonianza di un dibattito che va assolutamente ripreso nella prossima legislatura. Ma rimango dell’idea che la cosa migliore sia cambiare totalmente la legge. Di fronte ad atti di rilevanza penale si deve intervenire con il codice penale o il codice civile per alcune fattispecie. Dico che un provvedimento amministrativo non può assumere carattere di sentenza di collusione mafiosa per tutta l’amministrazione comunale, anche se quell’atto è stato compiuto da un singolo o peggio ancora da una amministrazione precedente».

(LEGGI LA TESI DELL’ON. LO MORO SUGLI SCIOGLIMENTI
DEI CONSIGLI COMUNALI PER MAFIA
)

Tutti i parlamentari che abbiamo intervistato ci hanno detto che hanno presentato una proposta di modifica, ma la legge è sempre lì dal 1991. Suona un po’ ipocrita questa cosa o no?

«No perchè le proposte non vengono al dunque se i partiti non le mettono al centro del dibattito politico. Il singolo parlamentare può fare poco»

LEGGI DELLA DURA PRESA DI POSIZIONE
DEL SINDACO DI RIACE MIMMO LUCANO

E la commissione Antimafia?

«Mi aiuta a dire. In questi anni ritengo abbiamo fatto un errore nel concentrarci troppo sulla crociata contro gli impresentabili o i famigerati elenchi della Massoneria che nessuno conosce, anzichè su queste questioni».

(LEGGI LA POSIZIONE DELL’ON. JOLE SANTELLI
SULLA LEGGE SUGLI SCIOGLIMENTI
)

Fa autocritica?

«Relativamente perchè la commissione è particolare. Ha una struttura molto piramidale per cui a contare davvero sono il presidente e l’ufficio di presidenza. Anche la commissione dovrebbe essere rinnovata assegnandole compiti legislativi».

Lei infatti ha polemizzato sulla Bindi che aveva anticipato gli esiti delle commissioni d’accesso (LEGGI)

«Si anche se ciò è avvenuto due giorni prima degli scioglimenti e quindi quelle dichiarazioni sicuramente non hanno inciso. Sono convinta però che chi svolge quel ruolo può avere ricevuto in via informale informazioni che altri non hanno. Ma proprio perchè si sono ricevute in maniera informale sarebbe stato meglio non divulgarle per opportunità e delicatezza istituzionale».

Per questo si è arrabbiata con la Bindi?

«Non mi sono affatto arrabbiata. Le ricordo che mi sono battuta a lunga affinchè fosse eletta presidente, cosa che alla vigilia non era così scontata. Però devo dirle che non ho gradito una certa deriva giustizialista. Il giustizialismo mette tutti nello stesso calderone, nel garantismo invece tutela l’innocente. Glielo dice una che sul suo blog, nella biografia, ha scritto «vittima di Why Not». Molti tentano di rimuovere quella storia, di nasconderla. Invece io ho usato un paragone che può sembrare irriverente, quello con gli ebrei durante l’Olocausto per dire che esprienze simili non si dimenticano e ti segnano per sempre. Per sei anni questa vicenda ha condizionato la mia vita sotto tutti gli aspetti: personale, politica, professionale. Allora dico che la mafia dobbiamo combatterla con provvedimenti incisivi, ma giusti. Altrimenti finiamo col fare un’Antimafia di bandiera, buona per tornaconti personali. Non si può andare avanti, glielo dico con tutto il rispetto, con la grancassa mediatica. La giustizia non può diventare show. Per questo stimo moltissimo i magistrati giudicanti che applicano la legge nell’ombra. Ci sono pm diventati quasi delle star. Scommetto invece che lei non saprebbe dirmi nemmeno un nome di un magistrato giudicante».

In effetti… E cosa ne pensa della lettera inviata dai sindaci della Locride a Minniti (LEGGI)?

«La mia attività in Antimafia mi ha portato a parlare con i commissari di San Luca, Platì e altri posti dove gli scioglimenti si sono susseguiti a ripetizione. Lì c’è il grosso problema, che è reale, di impedire la crescita di una classe dirigente. Anche chi potrebbe impegnarsi alla fine si chiede chi glielo faccia fare, perchè già deve affrontare condizioni economico-sociali tragiche, ha sempre meno fondi e autonomia dallo Stato, se poi deve pure correre il rischio di subire l’onta di uno scioglimento per atti che non ha fatto siamo al paradosso. Guardi io ho apprezzato molto la scomunica di Papa Francesco ai mafiosi. Mi è sembrato un atto interruttivo all’esercizio di un potere mafioso che viene esercitato anche attraverso la religione e i suoi simboli. Un Papa può fare questo. Lo Stato, invece, deve andare oltre il semplice atto interruttivo come lo scioglimento. Allora sono di nuovo d’accordo con D’Ascola quando dice che si deve prevedere una sorta di accompagnamento dei sindaci che immagino si possa effettuare non solo tramite funzionari di Prefettura, ma anche attraverso un albo di professionalità specializzate che aiutino a riconnettere il tessuto democratico delle nostre comunità».

Allora parlerà con Minniti?

«Il Ministro ha i suoi consiglieri e sa bene quello che fa. Detto questo il Ministro di fronte alle relazioni dei Prefetti può è vero decidere di non sciogliere i consigli comunali anche se la relazione va in questa direzione, ma certamente non può fare il contrario ovvero sciogliere se non ci sono i presupposti. In sintesi: il ministro applica la legge. Il punto allora è cambiare le regole.»

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE