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La sede del Cnr a Rende

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«UNA perdita inestimabile non soltanto per Rende e la Calabria, ma per l’intero Paese».

Sulla vicenda dei precari del Cnr che rischiano di perdere il lavoro, sollevata dal Quotidiano del Sud, interviene il deputato del M5s Alessandro Melicchio, impegnato da circa un quadriennio in una battaglia per la stabilizzazione dei ricercatori che da “locale” è diventata «una questione nazionale».

Sì, perché le prime rivendicazioni dei lavoratori del prestigioso ente di ricerca partirono proprio da qui: dalle 12 sedi dell’Istituto sparse per la Regione (due principali e 10 decentrate) dove andarono in scena le prime proteste contro sfruttamento e precariato. Nel 2018 Melicchio, appena eletto deputato all’epoca del primo governo Conte, fu tra i primi a schierarsi dalla loro parte: solo un anno prima la legge Madia consentiva di stabilizzare i precari degli enti di ricerca (non solo il Cnr) con 36 mesi di servizio ma «si trattò – precisa il parlamentare – soltanto di uno strumento normativo, il quale non stanziava i fondi necessari alle assunzioni. Successivamente, con le leggi di Bilancio 2020 e 2021, riuscimmo a reperire le risorse e gli enti cominciarono ad assumere: il Cnr, ad esempio, ne stabilizzò 1540. Da agosto in poi ci fu uno stop. Ad oggi ne restano fuori 400 per i quali i fondi ci sono. Parliamo di 25 milioni che derivano da un mio emendamento alla legge di Bilancio 2021 (dei quali 3,3 solo per il Cnr) e 22,8 milioni che invece provengono dal decreto Rilancio».

Ma allora che fine hanno fatto questi soldi? Voci di corridoio riferiscono al deputato pentastellato che la presidenza precedente del Cnr li avrebbe destinati a coprire buchi di bilancio: circostanza, quest’ultima che, qualora accertata, configurerebbe un illecito gravissimo, al punto da indurre Melicchio a evocare un intervento della Corte dei Conti durante un’interrogazione sul punto al ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa.

«La risposta della ministra non è stata puntuale – spiega Melicchio – ma il tempo stringe perché per assumere il personale (circa 20 unità in Calabria) c’è tempo fino al 31 dicembre. Dopo quella data per loro si apriranno le porte della disoccupazione o, in alternativa, della fuga verso l’estero».

Uno spiraglio però c’è ancora: martedì il Consiglio di amministrazione dell’ente si riunirà per discutere le sorti dei 400 ricercatori e tecnologi ancora appese a un filo. «Mi auguro – conclude – che il cda decida finalmente di emanare una delibera per dare un futuro a questi studiosi. Intanto lunedì notte sarò insieme a loro nella sede occupata di piazza Aldo Moro a Roma per manifestargli tutta la mia solidarietà». 

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