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COSENZA – «Non mi stanco mai di entrare in laboratorio». Con il sorriso e la voglia di chi crede in quello che fa Ines Barone è stata scelta, dall’Airc, come una delle testimonial dell’Azalea della ricerca, la raccolta fondi che ogni anno, in occasione della Festa della mamma, riempie di gazebo tutte le piazze italiane.

La ricercatrice calabrese ha una storia particolare, non solo per i risultati ai quali è arrivata, ma anche perché rappresenta un caso isolato di “cervello in fuga” che riesce a tornare in Italia, Questo grazie alla borsa di studio intitolata a Marie Curie, forse la scienziata più nota al mondo, prima persona a vincere per due volte il Premio Nobel. Fu proprio la passione per la ricerca in un campo molto importante per la lotta contro i tumori e a ucciderla: morì nel 1934, a causa della prolungata esposizione alle radiazioni, di cui solo più tardi si sarebbe scoperta la pericolosità. Proprio a lei è dedicato un programma speciale che la Comunità Europea e Airc finanziano per favorire il ritorno in patria dei ricercatori che sono all’estero. Grazie a una di queste borse, Ines Barone, è rientrata in Italia dopo i suoi studi in Texas. 

L’abbiamo rintracciata per farci spiegare meglio il suo percorso, partito a Napoli, dove è nata 32 anni fa da genitori di Cerchiara che dopo soli 4 anni sono tornati a vivere in Calabria, a Castrovillari.

Nell’intervista, pubblicata integralmente sull’edizione cartacea di oggi del “Quotidiano della Calabria”, Ines Barone racconta la sua esperienza ed esprime i suoi consigli sul settore. 

«La mia passione per la ricerca – afferma – è iniziata molti anni fa… all’università della Calabria, Facoltà di Farmacia, Scienze della Nutrizione e della Salute, quando quasi alla fine del mio percorso di studi ho iniziato a frequentare i laboratori di patologia generale diretti dal prof. Andò per il lavoro di tesi sperimentale. All’inizio hanno giocato un ruolo fondamentale la curiosità. Poi l’impatto delle scoperte e la voglia reale di contribuire al progresso scientifico quello che  nell’ambito della ricerca biomedica è definito con la formula “from bench to bedside” ossia ricerca traslazione dal laboratorio al letto del paziente. La passione per la ricerca è cresciuta poi di anno in anno durante il dottorato di ricerca e  durante una  postdoctoral fellowship da me ottenuta al Baylor College of Medicine, centro di ricerca di assoluta eccellenza ad Houston. Il periodo all’estero è stato molto utile per confrontarsi ed inserirsi in network internazionali, ma dopo 3 anni, nonostante le opportunità e le strade offerte negli states, la volontà di ritornare e di investire le proprie energie e capacità nella nostra terra è stata forte. E’ bello poter dimostrare che anche nella nostra realtà è possibile condurre ricerca di qualità».

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