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TARSIA – È in corso una sorta di indagine interna da parte del Comune di Tarsia sulla ristrutturazione del campo di concentramento di Ferramonti, o meglio: quel che resta del più grande campo d’internamento italiano per ebrei della Seconda guerra mondiale e che oggi ospita gli uffici della Fondazione e il relativo Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia. Una ristrutturazione portata a termine alcuni anni fa, ma che ora – con l’occasione della presentazione del Muvif (il museo virtuale attraverso il quale è possibile vedere anche da Internet il criticato maquillage della poche baracche che erano rimaste ancora in piedi dopo cinquantenni di incurie e vandalismi) – ha riacceso il dibattito tra storici e vertici della stessa fondazione presieduta dall’ex sindaco di Tarsia, Francesco Panebianco.

Dell’esistenza dell’indagine è l’assessore comunale alla Cultura, Roberto Ameruso, a darci notizia.

«Abbiamo chiesto dei chiarimenti alla Fondazione Museo Internazionale della Memoria Ferramonti su tutto ciò che riguarda quella ristrutturazione, che è stata progettata e avviata diversi anni fa.  E solo dopo aver ricevuto e visionato l’incartamento ci determineremo e prenderemo una posizione ufficiale».

«Se ci saranno gli elementi per agire, se riscontreremo irregolarità, andremo avanti – ha comunque anticipato l’assessore – fiducioso che il resto della giunta mi darà appoggio e speranzosi che anche il Consiglio sarà dalla parte giusta». Ma per ora Ameruso non si sbottona sugli umori che – sostengono alcuni – serpeggiano nel Comune su questa vicenda e sull’operato della Fondazione Museo.

Su una cosa, comunque, Ameruso non ha dubbi: «Il campo di Ferramonti è un patrimonio dell’umanità, una specie di chiesa laica. Non appartiene né a una fondazione, né a due; né al Comune». Il riferimento dell’amministratore comunale è al fatto che sul sito storico nel corso degli ultimi due decenni si sono avvicendati gli interessi di due fondazioni: la prima denominata semplicemente Fondazione Ferramonti, guidata dallo storico Spartaco Capogreco, e la seconda , col nome Fondazione Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia, oggi presieduta dall’ex sindaco che la istituì. Alla prima fondazione – che continua a esistere e a occuparsi di storia dell’internamento fascista, ma ormai a distanza dal campo da cui prende il nome  – e al docente dell’Unical, coloro che hanno seguito le vicenda del campo e che ora intervengono nel dibattito in corso sulla pagina Facebook del Muvif , riconoscono il ruolo di apripista nella riscoperta storica del luogo e della salvaguardia del sito. È sua, infatti, gran parte della prima ricerca storiografica su Ferramonti ed è della fondazione presieduta da lui il lavoro che ha consentito al Comune di Tarsia di ottenere il riconoscimento dal Ministero per i beni culturali, di “luogo di interesse storico-culturale” per l’area del campo sopravvissuta alla costruzione della vicinissima autostrada A3.

Spogliato dai panni di amministratore comunale, Ameruso però una sua opinione sulla tanto criticata ristrutturazione – che molti definiscono in “stile agriturismo” –  già ce l’ha: «l’ho sempre detto, io non avrei fatto interventi  così pesanti. Sulle baracche originali avrei fatto fare solo interventi di messa in sicurezza, di salvaguardia dello status attuale. Tutte la altre strutture necessarie a ospitare gli uffici e il museo li avrei fatti ex novo, senza cioè compromettere la sacralità di quelle pietre storiche».

Una posizione, questa, ampiamente condivisa dai critici della ristrutturazione in stile “bungalow” tra i quali figura anche l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico e ambientale “Italia Nostra” che ha definito «tutt’altro che un luogo di memoria ma piuttosto un’area in cui dilagano smemoratezza e spregiudicatezza».

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