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«Se volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Non è con la retorica che si progredisce». Sono le parole scritte il 1 ottobre 1959 da Pier Paolo Pasolini in una lettera inviata all’ufficiale sanitario di Paola (Cosenza) Pasquale Nicolini, inedita e pubblicata oggi dal Quotidiano della Calabria.   Sulla rivista ‘Successo’ era stato da poco pubblicato ‘La lunga strada di sabbia”, un reportage su un viaggio compiuto da Pasolini a bordo di una Fiat 1100 lungo la costa calabrese. Parlando di Cutro (Crotone), Pasolini scrisse che «è veramente il paese dei banditi, come si vede in certi film western. Si sente, non so so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello». Dopo l’uscita del reportage, Nicolini, «un medico – scrive il Quotidiano – che considerava la sua professione una missione» inviò una lettera a Pasolini per capire il perchè di tale giudizio.   «I banditi – rispose Pasolini – mi sono molto simpatici. Quindi da parte mia non c’era la minima intenzione di offendere i calabresi e Cutro. Comunque, non so tirare pietosi veli sulla realtà: e anche se i banditi li avessi odiati non avrei potuto fare a meno di dire che Cutro è una zona pericolosa, ancora in parte fuori legge: tanto è vero che i calabresi stessi, della zona, consigliano di non passare per quelle famose ‘dune giallastrè durante la notte. Quanto alla miseria, non vedo perchè ci sia da vergognarsene. Non è colpa vostra se siete poveri ma dei governi che si sono succeduti da secoli, fino a questo compreso. E quanto ai ladri, infine: non mi riferivo particolarmente alla Calabria, ma a tutto il sud. Sono stato derubato tre volte: a Catania, Taranto e Brindisi».   «Questi – scrisse, tra l’altro Pasolini – sono dati della vostra realtà: se poi volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Mi dispiace dell’equivoco: non si tiene mai abbastanza conto del vostro ‘complesso di inferiorita», della vostra psicologia patologica, della vostra angesi o mania di persecuzione. Tutto ciò è storicamente e socialmente giustificato. E io non vi consiglierei di cercare consolazioni in un passato idealizzato e definitivamente remoto: l’unico modo per consolarsi è lottare, e per lottare bisogna guardare in faccia la realtà. Lei è persona degna di ogni rispetto e anche affetto e, come tale, cordialmente la saluto».

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